Nel cosmodromo di Bajkonur in Kazakistan, la notte è breve. Jurij Gagarin, ventisette anni, cittadino russo prossimo ad andare nello spazio, si alza dal letto. Il calendario segna mercoledì 12 aprile 1961. Dopo la ginnastica e la toilette mattutina, lo attende una prima colazione a base di caffè, marmellata di ribes nero e paté di carne in tubetto.
Verso le 6:15 si sottopone a un'ultima visita di controllo. I medici si dichiarano soddisfatti. Il primo cosmonauta non dà segni di nervosismo né di agitazione. I suoi valori sono ottimali: pressione sanguigna 115 su 60, polso 64, temperatura corporea 36,7 gradi. Gagarin si infila nella tuta spaziale arancione, indossa prima il berretto nero da aviatore, poi il casco con scritto sopra a mano, in rosso, CCCP.
Qualcuno, all'ultimo minuto, ha pensato bene di annotare la patria sul casco del primo cosmonauta: Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Davanti agli alloggi dell'equipaggio lo attende l'autobus che lo porterà alla rampa di lancio. Prima di salire a bordo, Gagarin saluta il cameraman e sorride. Per raggiungere il razzo si deve attraversare la steppa kazaka, arida e brulla. Gagarin chiede all'autista di fermarsi davanti a una staccionata. Scende e svuota la vescica sulla ruota posteriore. Visibilmente sollevato, risale sull'autobus. Il viaggio verso il veicolo spaziale Vostok può continuare.
Alle 9:07 ora di Mosca dalla base spaziale di Bajkonur in Kazakistan decollava la Vostok 1, prima navicella spaziale con equipaggio umano. I 108 minuti che seguirono la videro compiere un'orbita completa intorno alla Terra per poi atterrare con successo, inaugurando trionfalmente l'era delle missioni celesti.