Il 27 gennaio 1959 due ragazzi e otto ragazze partono con gli sci per raggiungere la cima della montagna Góra Otorten, sugli Urali, in Siberia. Solo uno di loro ritorna vivo, il 28 gennaio. I corpi dei compagni, quasi tutti giovani studenti dell'Ural Polytechnic Institute, verranno ritrovati a distanza di uno e due mesi. Le autorità sovietiche indagano sull'accaduto, ma dopo tre mesi chiudono il caso del passo di Dyatlov con una sentenza alquanto generica: la tragedia sarebbe avvenuta a causa di misteriose "forze naturali".
Nel 2019, su richiesta dei parenti delle vittime, si riapre l'inchiesta. L'ipotesi più accreditata è quella di una valanga, staccatasi ore dopo il taglio del pendio effettuato dai giovani per piantare le tende, che avrebbe sorpreso i giovani sciatori durante la notte mentre dormivano. Tuttavia, alcuni aspetti della vicenda contraddicono questa teoria: tra gli altri, il fatto che il versante sopra alle tende avesse un'inclinazione troppo bassa (inferiore a 30°) per consentire alla valanga di formarsi, e la natura delle ferite al cranio e al petto di alcuni dei giovani, insolite per delle vittime di valanghe.
Johan Gaume, professore alla Scuola Politecnica Federale di Losanna (EPFL), e Alexander Puzrin, del Politecnico Federale di Zurigo, sono stati chiamati a risolvere questo cold case, e hanno descritto i risultati dei loro studi in un articolo pubblicato su Nature.
nuove conferme. I due esperti hanno confermato che la tragedia consumata al passo Dyatlov, così battezzato in onore del ventitrenne a capo della spedizione, sarebbe avvenuta proprio a causa di una valanga, provocata (anche) dal taglio del pendio. Gaume e Puzrin hanno cercato di ricostruire quanto avvenuto, aiutati da simulazioni computerizzate e servendosi di modelli analitici e numerici.
«L'obiettivo principale del nostro articolo è spiegare come sia stato possibile che la slavina si sia staccata ore dopo che il pendio era stato tagliato», spiega Gaume. Oltre a dimostrare che le ferite riportate dai giovani potevano essere state causate dalla valanga, gli esperti hanno spiegato che il fattore chiave che ha portato alla tragedia è stata la presenza di venti catabatici (dal greco katabatikos, "che va verso il basso"), che spingono l'aria dall'alto verso il basso. Questi venti avrebbero trasportato la neve che si sarebbe accumulata sulla cima a causa di una caratteristica specifica del terreno sconosciuta al gruppo di scalatori. «Se non avessero tagliato il pendio, questa tragedia non si sarebbe consumata», afferma Puzrin.
Colde case. Gaume e Puzrin precisano comunque che è impossibile parlare di certezze, e sottolineano che l'incidente rimarrà per sempre avvolto nel mistero: «La verità è che nessuno sa cosa accadde davvero quella notte - piega Puzrin - ma quanto abbiamo scoperto indica che l'ipotesi valanga è assolutamente plausibile».