Storia

Il Titanic e le altre "inaffondabili" navi da crociera

Nelle prime ore del 15 aprile 1912 il Titanic affondò. Fu solo la prima di una serie di tragedie che avrebbero colpito transatlantici ritenuti sicurissimi.

L'RMS Titanic naufragò nelle prime ore del 15 aprile 1912. Partito da Southampton, in Inghilterra, il transatlantico britannico stava affrontando il suo viaggio inaugurale verso New York quando, in mezzo all'Oceano Atlantico, si scontrò contro un iceberg che lo affondò in due ore e 40 minuti. Delle 2.228 persone a bordo se ne salvarono solo 705; fra loro, Millivina Dean che aveva soli due mesi di vita ed era la passeggera più giovane (è poi morta nel 2006). 

E dopo il Titanic, il Lusitania. L'esatto contrario di quanto è accaduto in una tragedia simile, avvenuta nelle stesse acque, appena tre anni dopo. In quel caso, ad affondare fu il transatlantico Lusitania, colpito da un siluro di un sommergibile tedesco. La nave colò a picco in soli 18 minuti, e delle 1.949 persone a bordo se ne salvarono 751, soprattutto uomini giovani.

Secondo gli esperti, all'origine della differenza ci sono i tempi diversi dell'affondamento. Sul Titanic i passeggeri ebbero la sensazione di avere tempo e, almeno nelle prime fasi, i posti sulle scialuppe furono lasciati ai bambini e a chi li accompagnava. La rapidità con cui affondò il Lusitania, al contrario, impedì agli occupanti qualsiasi ragionamento. La reazione di panico e l'istinto di sopravvivenza presero il sopravvento e a salvarsi furono coloro che fisicamente erano più adatti a farlo, cioè gli uomini giovani.

«Le persone intorno a me lottavano fra loro per salvarsi. Un uomo completamente impazzito mi saltò sulla spalla, pensando che avrei potuto sostenerlo» raccontò molti anni più tardi Theodate Pope Ridddle, scampata per miracolo. Fra i superstiti ci fu anche l'architetto inglese Oliver Percy Bernard, che disegnò le fasi più drammatiche del naufragio per la rivista Illustrated London News. L'ultima sopravvissuta, Audrey Warren Pearl, aveva tre mesi il giorno della tragedia. È morta l'11 gennaio 2011.

Andrea Doria e concordia. Ma prima della tragedia della Costa Concordia nella notte del 13 gennaio 2012 morirono 32 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio, quella scolpita più in profondità nella memoria degli italiani, è senz'altro quella del transatlantico Andrea Doria, gioiello della cantieristica italiana, varato nel 1951 e in viaggio, il 25 luglio 1956, verso New York. Poco dopo le 23 un urto violentissimo scosse la nave, comandata dal capitano Piero Calamai. Complice la fitta nebbia, ma principalmente a causa di un grave errore del giovane comandante Gunnar Nordenson, la rompighiaccio svedese Stockholm aveva colpito con la sua prua rinforzata la fiancata dell'Andrea Doria, che iniziò subito a imbarcare acqua.

Grazie all'efficienza delle operazioni di evacuazione, soltanto 46 dei 1.706 passeggeri a bordo persero la vita e, se si esclude una bambina deceduta in seguito a una caduta mentre saliva sulla scialuppa, tutte le altre vittime si trovavano nelle cabine interessate dall'impatto. Fra gli occupanti del lato coinvolto, si salvò miracolosamente la quattordicenne Linda Morgan, sbalzata sul ponte della Stockholm e trovata lì, quasi illesa. Il comandante italiano Piero Calamai fu l'ultimo a scendere dall'Andrea Doria, dopo essersi assicurato che a bordo non c'era più nessuno da mettere al sicuro. Si dice che prima di morire nella sua Genova, il 7 aprile 1972, mormorasse nell'agonia: «Salvate i passeggeri... Salvate i passeggeri». 

Tragedie dimenticate. I naufragi che hanno fatto più vittime sono però molto meno noti di quelli di cui si è detto fin qui. Il tragico primato spetta al traghetto filippino Doña Paz, che la sera del 20 dicembre 1987 affondò al largo dell'isola di Marinduque, nel centro del Paese, dopo essersi scontrato con una nave cisterna, prendendo fuoco. I morti furono almeno 3.000, mail calcolo è impreciso perché sul traghetto che poteva portare al massimo 1.424 passeggeri, moltissimi non erano registrati. I superstiti furono soltanto 26.

Un simile bilancio, anch'esso impreciso per via dei numerosi clandestini a bordo, riguarda il naufragio del traghetto cinese SS Kiangya, che il 4 dicembre 1948 si scontrò con una mina nel tratto di mare vicino a Shanghai. In quel caso, però, le navi giunte in soccorso riuscirono a portare in salvo un migliaio di naufraghi. In tempi più recenti, sono state invece quasi 2.000 le vittime del naufragio del traghetto senegalese Le Joola, affondato in seguito a una tempesta il 26 settembre 2006, al largo delle coste del Gambia. Fra i 64 sopravvissuti c'era una sola donna, da una barca di pescatori soltanto molte ore più tardi. La bambina che portava in grembo, unica femmina dei suoi otto figli, è stata chiamata Joola.

15 aprile 2022 Focus.it
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