Le migliaia di tombe costruite nei millenni in una regione del Sudan orientale sono disposte secondo uno schema che ricorda quello delle stelle nelle galassie. È la conclusione di uno studio pubblicato sulla rivista PLOS One che ha sfruttato un modello statistico solitamente usato in astrofisica, e mai prima d'ora in ambito archeologico, per individuare il criterio nascosto dietro alla sistemazione delle sepolture.
Tombe di avi e familiari. Le tombe più recenti sono raggruppate attorno a quelle più antiche e importanti di avi e familiari, probabilmente considerate le più sacre: una sistemazione dettata da dinamiche socioculturali, che difficilmente sarebbe emersa in un'analisi ad occhio nudo.
Un gruppo internazionale di ricercatori dell'Università di Napoli "L'Orientale", della Statale di Milano e dell'Università di Newcastle (UK), in collaborazione con la National Corporation for Antiquities and Museum del Sudan, ha sfruttato immagini satellitari e ricerche sul campo per individuare la posizione di circa 10.000 monumenti funerari sparsi in un territorio di 4.100 km quadrati nella regione semi-arida di Kassala, nel Sudan orientale.
Una distesa sterminata. Le sepolture includono tumuli funerari in pietra, facili da costruire e comuni nella preistoria e nella storia africana, e le qubba, tombe a cupola o a baldacchino tipiche dell'architettura islamica. Risalgono inoltre a epoche diverse (dai primi tumuli preistorici alle moderne tombe del popolo nomade dei Beja, che ancora abita quei luoghi).
Una delle sfide nell'interpretare queste necropoli è la ridotta presenza di dati archeologici: ci sono pochi scavi nella regione e poche testimonianze storiche sulle tradizioni funerarie. Ma un vantaggio c'è: dato il numero molto vasto di elementi da analizzare, è possibile studiare le tombe con i modelli statistici usati per approcciarsi ai sistemi complessi.
Una logica nascosta. Il team ha impiegato il modello NCSP (Neyman-Scott cluster process), originariamente sviluppato per studiare la distribuzione di stelle e galassie, scoprendo così che «effettivamente le grandi necropoli di 3-4.000 tombe celano una struttura a sottocluster che non è immediatamente identificabile a occhio nudo, ma che con buona probabilità si è formata secondo dinamiche sociali proprie dei gruppi umani del territorio» ha spiegato all'agenzia ANSA Stefano Costanzo, geoarcheologo dell'Università di Napoli "L'Orientale", tra gli autori dello studio.
Le tombe degli avi funzionano da centri di attrazione per le sepolture successive e determinano la sacralità del luogo. Come per le stelle, gli "ammassi locali" di tombe sono probabilmente costituiti da tombe di persone della stessa famiglia o tribù.
Mentre su scala più grande a pesare sono soprattutto fattori più "pratici", come la forma del territorio o la disponibilità di materiali da costruzione.
Futuri sviluppi. Le prossime ricerche potranno focalizzarsi sull'identità delle persone sepolte nelle tombe più importanti. Ma al di là del territorio specifico è il metodo di analisi ad avere risvolti interessanti, perché si presta ad essere usato su territori molto vasti e altrimenti difficili da esplorare. C'è da scommettere che tornerà utile non solo per carpire i segreti delle necropoli ma anche, per esempio, per studiare dall'alto e in modo rigoroso i vari distretti di antichi centri abitati.