Estate: stessa spiaggia, stesso mare. Tolta l'anomala estate 2020, all'insegna del distanziamento sociale anti Covid-19, da decenni le vacanze al mare sono un immancabile appuntamento nazional-popolare: da quando, esattamente? Quando gli italiani hanno iniziato a frequentare le spiagge del Bel Paese? E quando il turismo balneare, da meta esclusiva di aristocratici e ricchi borghesi, è diventato alla portata di tutte le famiglie e dei maniaci dell'abbronzatura? Le risposte qui sotto, in un estratto dell'articolo Vacanze al mare di Massimo Manzo (Focus Storia 166), dove troverete altre curiosità.
Vacanze al mare, di Massimo Manzo (Focus Storia 166). Il primo stabilimento balneare nacque a Viareggio nel 1827: era lo "stabilimento de' Bagni" del Bel Paese, ideato affinché gli ospiti potessero ritrovarvi dei "comodi sufficienti onde, al coperto dagli sguardi altrui, liberamente si spoglino e si rivestano, con tutti quei riguardi che si devono alla decenza". In seguito sorse a Rimini lo "Stabilimento privilegiato dei Bagni Marittimi" (1843), sulla scia del quale si attrezzarono aree analoghe sulla riviera romagnola. E poi ne spuntarono altri a Livorno (1846), al Lido di Venezia (1857), sulla costa ligure e in città di mare come Napoli e Palermo.
Gli italiani, però, cominciarono davvero a frequentare le spiagge solo durante il fascismo, tanto che tra i fan del mare figurò anche Benito Mussolini. Il regime diede anche grande risalto alle colonie marine, gestite dall'Opera nazionale maternità e infanzia allo scopo di irrobustire la gioventù fascista con attività fisiche e ricreative.
Arriva il boom. Il turismo balneare per tutti gli italiani arrivò solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, dopo i faticosi anni della ricostruzione. Arrivò sulla scia del "miracolo economico" degli anni Cinquanta e Sessanta, quando l'agosto italiano si trasformò nel mese dell'esodo estivo: un fenomeno tipicamente nostrano, nato con le chiusure delle grandi fabbriche, Fiat in testa, e del loro indotto.
A bordo delle mitiche 500 e Seicento, con tanto di ombrellone, sdraio e provviste varie stipate sul tettuccio, le famiglie italiane intasavano le prime autostrade per raggiungere le agognate spiagge lungo gli oltre 7.000 chilometri di litorale, ormai ricoperto da migliaia di stabilimenti balneari. Alcuni fra questi divennero iconici, come la "Rotonda a Mare" di Senigallia (completata nel 1933 ma resa famosa dalla canzone di Fred Bongusto del 1964) o il "Kursaal" di Ostia, ripreso nel film di Federico Fellini I vitelloni (1953).
Il potere dell'ombrellone. Per non parlare di Cagliari, Rimini, Riccione, Portofino, Forte dei Marmi, Mondello e Capalbio.
Furono le città balneari italiane a guidare la crescita del settore turistico, attirando sia la clientela interna sia quella estera: nell'offerta balneare estiva, Italia (e Francia) avevano una leadership indiscussa. La spiaggia diventò il regno incontrastato di attività ludiche, dal beach volley alle gite in barca a vela fino allo snorkeling, e le mode subirono un'ulteriore rivoluzione nell'abbigliamento da spiaggia. Comparvero gli slipe, i pantaloncini maschili, ma soprattutto il rivoluzionario bikini, ideato nel 1946 dal designer francese Louis Réard.
Bikini esplosivo. Rispetto al senso del pudore di quegli anni, quel due-pezzi da bagno fece scalpore e divenne ben presto un simbolo dell'emancipazione femminile. Fu un successo talmente esplosivo che il suo creatore lo chiamò come l'atollo di Bikini, nel Pacifico, in riferimento agli esperimenti atomici condotti quell'estate dagli Stati Uniti.