La nostra specie, l'Homo sapiens, esiste su questa Terra da qualche centinaio di migliaia di anni: i primi resti "ufficiali" trovati in Africa risalgono a circa 300.000 anni fa e, anche se ci sono ancora discussioni sulle esatte modalità di diffusione, sappiamo che negli ultimi 100.000 anni l'Homo sapiens ha occupato prima l'Eurasia, poi l'Australia e l'America e infine il resto del mondo.
Homo sapiens nomade. Per questa sua espansione sfruttò una serie di passaggi naturali che collegavano terre che oggi sono separate da chilometri di mare e che al tempo favorirono, per esempio, la prima "conquista" dell'America e l'arrivo in Australia. L'Homo sapiens, insomma, è sempre stato un nomade, spinto a spostarsi in giro per il mondo in cerca di nuove terre e nuove risorse da sfruttare; eppure oggi la nostra specie si comporta, nella stragrande maggioranza dei casi, nel modo esattamente opposto: siamo diventati stanziali, affezionatissimi alla nostra terra e poco propensi a sradicarci in massa da un'area per andare in cerca di fortuna altrove.
A che cosa è dovuto questo cambio di prospettiva, avvenuto all'incirca 10.000 anni fa con l'inizio di quello che in paleontologia si chiama Olocene e in antropologia viene definito Neolitico? Le risposte sono ovviamente tante e strettamente intrecciate tra loro: è impossibile individuare una singola, univoca causa dietro a quello che fu un cambiamento epocale che trasformò e plasmò il futuro della nostra specie.
La domesticazione. C'è però un evento in particolare - o meglio, una serie di eventi più o meno contemporanei correlati a una situazione comune in molte parti del mondo - che nel giro di poche migliaia di anni ha contribuito in maniera decisiva a renderci una specie stanziale: è quell'insieme di fenomeni che vanno sotto l'etichetta di domesticazione, e che sono in parte causa e in parte conseguenza della nuova vita dei sapiens, cominciata 10.000 anni fa.
L'Olocene, l'era geologica nella quale ci troviamo ancora adesso, comincia attorno a 11.000 anni fa, quando si è definitivamente concluso il millenario processo che portò alla fine dell'ultima grande glaciazione, quando sparirono del tutto i ponti di ghiaccio che univano le terre emerse, che venivano così a trovarsi separate separate da chilometri di acqua anziché di solido ghiaccio. Questo spinse quindi i nostri antenati a diventare più stabili, anche perché il clima generalmente più favorevole portò con sé un'esplosione delle risorse naturali a disposizione.
Il cambiamento dei comportamenti portò a un'esplosione demografica e alla nascita di strutture sociali sempre più avanzate e organizzate; tra le novità portate da questo nuovo stile di vita ci fu anche il passaggio da quella che, un po' impropriamente, potremmo definire "economia di sussistenza" (prelevare risorse naturali per sopravvivere) alla produzione organizzata.
Convivenza tra specie. È quella che si chiama domesticazione, cioè il fenomeno per il quale una specie animale o vegetale viene resa dipendente dalla convivenza con l'essere umano, e quindi dal suo controllo: il ciclo di vita di una specie addomesticata è inestricabilmente legato a quello dell'umano che l'ha addomesticata, al punto che il processo di domesticazione può portare a cambiamenti non solo nel comportamento di una specie, ma anche nella sua fisiologia e nel suo aspetto fisico. Addomesticare piante e animali ha permesso a quei sapiens di avere a disposizione una fonte di risorse più affidabile e abbondante, e soprattutto di facile prelievo, e di poter quindi organizzare la vita sociale sulla base di cicli prevedibili e anche influenzabili: un cambiamento radicale e decisivo rispetto a quando dipendevamo per la nostra sopravvivenza da quello che riuscivamo a trovare in giro.
Se guardate la cronologia delle domesticazioni (la mappa qui sotto) vedrete un dettaglio che stona con quanto detto finora: abbiamo cominciato ad addomesticare il lupo, fino a trasformarlo in cane, già 30.000 anni fa, ben prima dell'inizio del Neolitico, quando ancora eravamo una specie di cacciatori e raccoglitori. È un'eccezione, legata al fatto che il cane non ha bisogno di sedentarietà per legarsi all'uomo e per venire allevato: i primi lupi hanno fatto amicizia con l'Homo sapiens grazie alla condivisione del cibo cacciato, e a un silenzioso accordo di protezione reciproca.
coltivare e allevare. Per tutte le altre specie, invece, la domesticazione è cominciata all'incirca 10.000 anni fa: i primi esempi si ritrovano in un'area geografica relativamente ristretta, compresa tra la regione storica del Levante, la Mesopotamia, l'Anatolia e l'Iran. È lì che l'uomo ha cominciato a coltivare con successo lenticchie, grano, orzo, fave, segale, e ad allevare i primi bovini, i maiali e i gatti.
La storia della domesticazione si sposta poi più a est, prima in Cina (dove l'uomo comincia a coltivare riso, miglio, soia, tè e ad allevare anatre e galline) e poi in Nuova Guinea, patria della banana e della canna da zucchero.
È importante notare a questo punto che non tutte le domesticazioni sono uguali: le prime "invenzioni" avvenute nella Mezzaluna Fertile (il Medio Oriente) hanno avuto un impatto molto maggiore rispetto a quelle avvenute in zone più isolate come, appunto, la Nuova Guinea, perché hanno avuto la possibilità di diffondersi molto più rapidamente nelle aree circostanti fino all'Europa.
L'Europa non ha contribuito direttamente a nessuno di questi processi: dopo la Mezzaluna Fertile e l'Oriente, i successivi esempi di domesticazione si trovano in Africa e nel continente americano (prima meridionale, poi settentrionale). Solo il caso più recente arriva dal nostro continente: parliamo della renna, addomesticata in Lapponia circa 1.000 anni fa.
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