“Regnò con autorità assoluta per quattro anni, cavalcava come un maschio, armata di arco e faretra, circondata da cortigiani, e non si copriva il volto… Passeggiava nei suq (mercati) vestita come gli uomini e si sedeva tra di loro per ascoltarne le lamentele”.
Generalesse. Così gli storici musulmani descrissero Raddiyah, principessa turca incoronata Sultana a Delhi nel 1236. Nell’islam imperiale il Sultano era la massima autorità politica: l’unica a essere lodata nella preghiera del venerdì e a battere moneta; oltre che il comandante di un esercito. Se il Califfo, massima autorità religiosa, era un ruolo maschile, diverse donne divennero Sultane.
Ricerche recenti ne hanno contate 17: due turche, sei mongole, quattro indonesiane, tre maldiviane e due yemenite. Non a caso tutti popoli che per tradizione riconoscevano sia re sia regine. Secondo l’intellettuale marocchina Fatima Mernissi, la memoria di queste sovrane islamiche è stata negata per secoli per privare le donne musulmane di modelli politici.