La Prima guerra mondiale divampava da quasi due anni. E nella settimana pasquale del 1916 il governo britannico vide aprirsi un altro fronte, questa volta interno. Il 24 aprile, lunedì di Pasqua, scoppiò una rivolta a Dublino: diverse organizzazioni nazionaliste cercarono di ottenere l'indipendenza dal Regno Unito con la forza, occupando gli edifici pubblici nei punti nevralgici della città.
Dura prova. La mossa dei ribelli all'inizio colse di sorpresa gli inglesi, che però replicarono di lì a poco con un massiccio invio di uomini e mezzi, carri armati compresi. Fu una pesante battaglia che durò sei giorni, dal 24 al 29 aprile, durante la quale fu proclamata la Repubblica d'Irlanda finalmente indipendente da Londra. Ma le truppe britanniche riuscirono a sedare gli scontri, che causarono centinaia di morti da una parte e dall'altra.
Anche la città subì gravi danni e i leader dell'insurrezione, tra cui il poeta, insegnante e avvocato Patrick Pearse e il capo operaio James Connolly, furono giustiziati dopo un processo davanti alla corte marziale.
Sconfitta? L'insuccesso militare ero però destinato a lasciare un solco profondo nella coscienza del popolo irlandese. Dopo la Rivolta di Pasqua (Èirì Amach Càsca in gaelico), il consenso per il partito nazionalista Sinn Féin (Noi stessi) aumentò, tanto che alle elezioni del 1918 ebbe la maggioranza dei voti. Ma i suoi eletti rifiutarono di sedersi nel Parlamento inglese: la strada verso l'indipendenza era segnata e non poteva più fermarsi.