Oggi a nessuno viene in mente di allungare volontariamente il cranio dei neonati, ma in passato la dolicocefalia, come si chiama in gergo tecnico, era una pratica diffusa a diverse latitudini, Europa compresa.
Un team di studiosi ha analizzato i crani di alcune donne dei Collagua, una popolazione stanziale della valle del Colca (Perù) tra il 1100 e il 1450, e ha ipotizzato che questa pratica potesse avere un'importante funzione sociale, come spiegato nell'articolo pubblicato sulla rivista Current Anthropology.
Lo studio. I ricercatori hanno condotto un'analisi chimica sulle ossa dei crani deformati. Hanno potuto così constatare che rispetto alla media della popolazione, le donne dolicocefaliche avevano una dieta più varia - appartenevano quindi probabilmente a un ceto sociale più elevato. Inoltre, mostrano meno segni di violenza fisica.
Secondo Matthew Velasco, della Cornell University, autore dello studio, la conformazione del cranio era l'equivalente di una bandiera: ad averlo allungato erano le elite dominanti, che lo esibivano con orgoglio. Gli studi suggeriscono che chi "indossava" questo simbolo si occupava anche di scambi agro pastorali con le popolazioni vicine, con le quali prendeva decisioni comuni, cosa che potrebbe aver favorito una gestione più pacifica dei conflitti.
In quegli anni le occasioni di conflitto infatti non mancavano: le popolazioni locali se la dovettero vedere con l'ascesa dell'impero Inca, che a partire dal XIII secolo si impose sui vicini, in alcuni casi assimilandoli e in altri conquistandoli. Prima che gli Inca avessero la meglio ci fu un periodo di transizione: fu soprattutto in questa fase, secondo gli studiosi, che le elite dominanti, per riconoscersi e fare fronte comune contro il nemico, praticarono la dolicocefalia, intervenendo con fasciature e "stampi" sulle ossa ancora elastiche dei neonati. La pratica fu bandita dagli invasori spagnoli, i conquistadores, nel XVI secolo.