Mentre l'Italia festeggia l'oro storico nei 100 metri di Marcell Jacobs e quello di Gianmarco Tamberi per il salto in alto, ricordiamo che, anche se alle Olimpiadi gli atleti vanno per vincere le medaglie d'oro, d'argento o di bronzo, c'è anche un altro riconoscimento olimpico altrettanto prestigioso ma meno noto: il trofeo per il fair play intitolato al Barone Pierre de Coubertin, padre dei Giochi moderni, e istituito nel 1964 dal Comitato Internazionale Olimpico, per premiare gli atleti che si sono distinti per comportamento e sportività. Molti degli atleti che seguono l'hanno vinto, altri no, ma sono stati comunque grandi, generosi e altruisti con i loro rivali.
Luz Long (germania). Il saltatore in lungo, che vinse la medaglia d'argento ai Giochi di Berlino 1936 dietro all'afroamericano Jesse Owens, fu il primo a ricevere la medaglia De Coubertin, postuma, nel 2000. Gli fu conferita per il suo comportamento in quella gara, quando, in pieno regime nazista, fu prodigo di consigli per il rivale. Tra i due nascerà una profonda amicizia che non sarà scalfita neanche dalla guerra.
Eugenio Monti (Talia). EUGENIO MONTI (ITALIA). Nella finale del bob a due dei Giochi invernali di Innsbruck 1964, i britannici Tony Nash e Robin Dixon vinsero l'oro grazie a un bullone che gli fu fornito proprio da Monti, terzo alla fine con Sergio Siorpaes. Questo consentì loro di partecipare alla gara sostituendo una componente arrugginita che aveva reso il mezzo inguidabile.
Lawrence "Larry"Lemieux (Canada). Nel corso delle Olimpiadi di Seul 1988, il velista canadese stava regatando nella classe Finn quando scorse l'imbarcazione rovesciata dei singaporiani Chan e Shaw. Così cambiò rotta e andò a salvarli, ripescando i due feriti e attendendo l'arrivo dei soccorsi. Alla fine riprese la gara e concluse 21°, perdendo la medaglia olimpica ma guadagnando stima e rispetto unanimi.
Vanderlei de lima (Brasile). Nella trionfale maratona di Stefano Baldini ad Atene 2004, il brasiliano fu danneggiato dall'intervento di un predicatore folle che lo aggredì mentre era al comando. Alla fine giungerà terzo e sarà ricompensato con la medaglia De Coubertin, ma ne avrebbero dovuto riservare una anche al connazionale Emanuel Rego, pallavolista, che gli fece dono (non accettato) della propria medaglia d'oro.
Daniel Gyurta (Ungheria). Il nuotatore magiaro vinse l'oro nei 100 metri rana a Londra 2012 grazie anche all'assenza del rivale norvegese Alexandre Dale-Oen, morto pochi mesi prima. Dopo la gara, Gyurta riconobbe che se il collega fosse stato presente avrebbe vinto lui, e nel gennaio 2013 si recò a Oslo per consegnare alla famiglia una replica della medaglia d'oro, fatta fare a sue spese.
Teofilo Stevenson (Cuba). Uno dei più grandi pugili di ogni tempo non passò mai al professionismo, e scelse di competere solo ai Giochi olimpici vincendo l'oro dei pesi massimi per tre edizioni consecutive, dal 1972 al 1980. In tutta la sua carriera ha sempre avuto cura di non ferire i suoi avversari, soprattutto i più giovani, ed è stato con loro prodigo di consigli. Il premio De Coubertin gli è stato conferito alla carriera.
Dara Torres (Usa). Ai Giochi di Pechino 2008, la 40enne nuotatrice Usa (alla sua quinta Olimpiade) si rese conto, prima del via dei 50 metri stile libero, che un'avversaria aveva rotto il costume e che avrebbe dovuto nuotare con quell'handicap. Così si rivolse ai giudici e non chiese ma comunicò, in modo fermo e gentile, che la gara sarebbe partita in ritardo per permettere alla collega di cambiarsi.