Attualmente in Grecia si usano due lingue: quella popolare (dhimotikì) e quella dotta (katharévousa). Questo sdoppiamento ricorda quanto accadde nel nostro Paese tra il XIII e il XV secolo, quando al latino si andava sostituendo l'italiano volgare.
Il greco dotto (tuttora lingua ufficiale del Paese, ma ormai poco utilizzata) è molto simile al greco antico: è infatti l’erede diretto del dialetto attico del V e IV secolo avanti Cristo (la lingua che si parlava nell’Atene di Pericle, per intenderci). Da esso si è sviluppata, per successiva evoluzione e semplificazione, anche la lingua parlata, quella popolare, che solo nel 1917 è stata introdotta nelle scuole e che da allora ha soppiantato la katharévousa anche in letteratura.
Niente accenti. Nella dimotikì la grafia resta la stessa: unica differenza è che dal 1982 sono stati aboliti gli accenti gravi, circonflessi e gli spiriti (segni di aspirazione). Le lettere sono ancora 24 ma cambiano alcune pronunce (la beta si legge “vita”, la tau si legge “thaf”, la eta non è più “e” ma “i”, il dittongo “ai” si legge “e” e così via). Sopravvivono le declinazioni di articoli, nomi e aggettivi, ma non c’è più il caso dativo. I sostantivi hanno tre declinazioni: la prima per tutti i maschili, la seconda per i femminili, la terza per i neutri.
Per studiare. Per chi volesse approfondire l’argomento, tra le grammatiche in lingua italiana, in verità piuttosto rare, segnaliamo quella a cura di Francesco Maspero: Grammatica della lingua greca moderna, Istituto editoriale Cisalpino Goliardica, Milano 1985.