Si sa che nel 200 a. C. in Cina si praticava un gioco chiamato “tsu-chu” che significa “colpire col piede (tsu) una sfera di pelle (chu)” riempita in qualche modo. Anticamente anche i giapponesi praticavano il “kemari”, in cui otto uomini contro altri otto colpivano a calci una palla per spedirla in un’area segnata da alberi. Sembra che nel 50 a. C. si sia addirittura tenuto un incontro ufficiale di “tsu-chu”, o di “kemari”, tra Cina e Giappone.
Anche i greci antichi avevano elaborato un gioco con la palla chiamato “episkyros”, che i romani adattarono chiamandolo “harpastrum” (dal greco arpazo strappare): una via di mezzo tra calcio e rugby, praticato con una palla di stracci.
Italia-Inghilterra: 0-1. Storica, nel 276 d. C., la partita di harpastrum tra legionari romani e britannici, che vinsero. Comunque, pare che la Britannia ospitasse già da tempo giochi simili: con il nome di “hurling”, verbo di origine scandinava che significa colpire, si intendeva un gioco che consisteva nel portare avanti a calci una palla di stracci nonostante l’opposizione degli avversari. Una variante fu la “soule”, nata agli inizi di questo millennio in Francia e poi diffusa in Gran Bretagna: far passare una palla di cuoio in un traguardo delimitato da due pali o da un cerchio.
Nel Rinascimento incontriamo il calcio fiorentino, praticato con ventisette giocatori per parte. In Inghilterra, nel 1863, nacque la prima federazione vera e propria, che raggruppava 11 club della capitale. L’8 dicembre dello stesso anno nuove regole sancirono la scissione tra rugby e calcio: non si poteva tenere la palla in mano ed erano vietati gli sgambetti, le cariche violente e l’uso delle mani.