La parola ghetto è utilizzata a partire dall'inizio del sedicesimo secolo: deriva dal veneziano "ghèto", che significa fonderia - il luogo dove si "gettava" il metallo. Il termine in un primo tempo designava perciò il quartiere delle fonderie a Venezia, che era anche quello dove si erano stabiliti gli ebrei.
In seguito con la stessa parola sarebbero stati indicati i quartieri abitati, più o meno coattivamente, dagli ebrei. Il principio del ghetto è però di gran lunga anteriore alla coniazione del termine. Infatti già nel I secolo avanti Cristo i romani praticavano la segregazione razziale separando gli ebrei dal resto della popolazione.
Il Medio Evo, dal canto suo, convalidò questo stato di fatto e accentuò ulteriormente la discriminazione relegando gli ebrei ai mestieri della finanza, che all'epoca erano considerati degradanti. Sebbene la segregazione degli ebrei sia stata abolita al tempo della Rivoluzione francese, i nazisti ricrearono un ghetto a Varsavia, dove fecero confluire mezzo milione di Ebrei, poi deportati nei campi di concentramento.
In Italia i ghetti furono decine, da Firenze a Ferrara, da Modena a Venezia, da Ancona a Mantova, da Trieste a Gorizia. Per tre secoli, dal '500 all'800, la vita nei ghetti fu segnata da ogni possibile vessazione: pagare le guardie interne, esercitare due soli mestieri (commerciare stracci e prestare denaro, quest'ultimo perché vietato ai cristiani), portare un segno distintivo, assistere alle prediche conversionistiche, mantenere la casa dei catecumeni (gli ebrei convertiti).
Le restrizioni variavano a seconda delle circostanze politiche o economiche, dei rapporti tra Stati e Chiesa. In alcune città, come Milano, un ghetto non ci fu mai perché agli ebrei era vietato soggiornarvi. A Livorno, invece, i Medici concessero agli ebrei ogni libertà perché con i loro commerci arricchivano la città.
Nel 1569 Pio V ordinò agli ebrei dello Stato della Chiesa, salvo quelli di Roma e Ancona, di lasciare le loro terre. Molti emigrarono negli Stati vicini, altri si rifugiarono nelle due città e nei loro nomi rimase il ricordo di quella espulsione: Di Cori, Di Nepi, Ravenna, Modena, Tagliacozzo. L'ultimo ghetto, a Roma, fu abolito nel 1870 sebbene l'area intorno alla Sinagoga venga ancora chiamato così. E fu soprattutto in quella zona che la mattina del 16 ottobre 1943 le SS iniziarono il rastrellamento degli ebrei romani per deportarli ad Auschwitz.