Tre milioni di anni fa, sulle rive del lago Vittoria, nell'attuale Kenya, bande di ominini macellarono con strumenti di pietra ippopotami, coccodrilli, tartarughe, bovidi e gazzelle. Non sappiamo se questi antenati scimmieschi, già bipedi come noi, cacciassero animali del genere, oppure se solo si erano impossessati delle loro carcasse trovandoli già morti, magari sottraendole a predatori. Ma una cosa è sicura: uno studio pubblicato sulla rivista Science – fra i primi firmatari Thoms Plummer del Queens Collage e Rick Potts dello Smithsonian, di New York – porta indietro di 600mila anni le conoscenze sull'uso di strumenti di pietra per la macellazione di animali e quindi di una dieta che comprendesse carne.
UNA MARCIA IN Più. Le ossa fossili ritrovate hanno segni inconfondibili di tagli e scarnificazione. Non solo: le analisi sulle superfici degli utensili indicano che furono usati anche per pestare cibi vegetali come radici, noci e altri frutti coriacei. In pratica, non conoscendo il fuoco, gli ominini avevano trovato il modo di rendere i cibi più digeribili, battendoli, spezzettandoli, riducendoli in poltiglia.
Questo adattamento, mediante l'uso di funzioni extra corporee, diede loro una marcia in più. Gli strumenti erano di quarzo, quarzite, riolite e granito. Servivano anche a rompere le ossa dei grandi animali per accedere al nutritivo midollo. Venivano ricavati staccando per percussione una o più schegge da un ciottolo. Oltre che per pestare, servivano a raschiare e a rompere legno, ossa e gusci. Le schegge, staccate, erano dei rudimentali rasoi per tagliare tendini e parti di carne.
Mani libere per costruire. Tutti questi utensili, ritrovati della località di Nyayanga, penisola di Homa, sul Lago Vittoria (330 utensili in mezzo a oltre 1.700 ossa fossili di animali), sono del tipo "olduvaiano". Il termine deriva dalla famosa Gola di Olduvai, in Tanzania, dove i pionieri delle ricerche sulle origini dell'uomo, Louis e Mary Leakey, trovarono negli anni Cinquanta e Sessanta molti strumenti di questo tipo durante le campagne di ricerca in cui portarono alla luce diversi ominini.
Mary Leakey è stata alla fine degli anni Settanta anche la scopritrice delle orme fossili di Laetoli (in Tanzania), risalenti a 3,6 milioni di anni fa, testimonianza diretta della conquista dell'andatura bipede. Chi scrive andò a vedere quella pista di orme e incontrò la studiosa. «La stazione eretta ha rappresentato una tappa fondamentale della nostra evoluzione», disse Mary Leakey. «Le mani divennero libere dalla locomozione per trasportare oggetti e per costruire strumenti.
Questo creò un circolo virtuoso fra la capacità di costruire utensili e l'aumento del cervello».
Lo "Schiaccia noci". Ai tempi della scoperta di Laetoli, i più antichi strumenti olduvaiani conosciuti avevano circa 2 milioni di anni ed era indicato come autore l'Homo habilis, che in effetti, con un cervello di 650 cm cubi, batteva quanto a intelligenza ipotetica ominini a lui contemporanei come l'Australopithecus africanus e il Paranthropus boisei che non superavano i 500 cm cubi di capacità cranica, più o meno come negli scimpanzé. Il Paranthropus era anche detto "schiaccia noci" per le sue possenti mascelle adatte a triturare cibi vegetali duri. Si pensava che avesse la dieta di un facocero.
Artefici a sorpresa. Con l'avanzamento delle ricerche l'olduvaiano è stato poi trovato anche in strati geologici più antichi, nel triangolo di Afar in Etiopia, a partire da 2 milioni e 600 mila anni fa. E ora, nel nuovo studio, la prima fase dell'olduvaiano viene portata più indietro, con i siti di Nyayanga che vanno da 3 milioni a 2,6 milioni di anni fa. L' area geografica in cui era presente risulta ora estesa di oltre 1.300 km quadrati.
Va aggiunto che a Lomekwi, sulla riva occidentale del lago Turkana, sempre in Kenya, sono stati trovati strumenti più primitivi, risalenti 3,3 milioni di anni fa. Ma chi erano i primi costruttori degli utensili olduvaiani? Non erano Homo habilis, in quanto mancano del tutto a Nyayanga (come a Lomekwi) parti fossili di questa specie, dal cervello più grande delle altre. L'Homo habilis probabilmente non era ancora comparso sulla scena dell'evoluzione. Invece, in uno dei siti di macellazione d'ippopotamo, si è scoperto un molare di Paranthropus.
«Una chiara associazione di un fossile di ominide con manufatti che solleva la possibilità che Paranthropus abbia fabbricato e/o cooptato strumenti di pietra», dicono i ricercatori nell'articolo su Science. Si tratta proprio dello "sciaccianoci".
La cultura batte la natura. «Il Paranthropus di Nyayanga aveva molari piatti con scarsa capacità di taglio», continuano gli autori. «Tuttavia, la sua morfologia da vegetariano specializzato potrebbe non essere stata in contraddizione con l'uso di strumenti. Il taglio extra orale e il pestaggio con utensili di pietra avrebbero potuto fornire accesso alle carne delle carcasse e ai nutrienti ossei, rendendo il tessuto vegetale e animale più facile da masticare e digerire, consentendo potenzialmente al Paranthropus di espandere la sua dieta».
Stiamo parlando di un ominino che le conoscenze fossili più complete acquisite altrove indicano come alto 1,50 cm, con testa piatta su cui sporgeva una cresta sagittale, grandi mascelle e cervello delle dimensioni di uno scimpanzé. «Significherebbe che l'uso diffuso di utensili di pietra avvenne prima dell'aumento delle dimensioni del cervello, iniziato con Homo habilis», puntualizzano i ricercatori.
stessa firma. Un secondo molare di Paranthropus trovato in un altro sito di Nyayanga, pure di macellazione con manufatti di pietra, aumenta le probabilità che la "firma" sia proprio quella. E se un "semplice" Paranthropus poteva acquisire l'uso di utensili, significa che la cultura (prime forme di tecnologia e loro trasmissione) agiva fra gli ominini anche in modo indipendente dalla biologia delle singole specie. Cervelli con strutture da scimmie antropomorfe potevano inventarla e tramandarla. Per inverso, ominini con cervelli più grandi potevano anche non conoscere l'uso di strumenti. Magari alcuni gruppi no e altri sì.
SALTO EVOLUTIVO. Se i manufatti di Nyayanga venivano usati per tagliare, raschiare e martellare carne e ossa di grandi mammiferi oltre a tessuti vegetali, già alla loro comparsa gli strumenti olduvaiani permettevano di sfruttare una grande varietà di cibi. Sono stati trovati in ambienti boscosi, di savana aperta e vicino a corsi d'acqua, a conferma della versatilità di questa tecnologia litica.
Come suggerisce Rick Potts, uno degli autori dello studio, gli strumenti dovevano servire a pestare il cibo meglio dei molari di un elefante e a tagliarlo più dei canini di un leone. Insomma, fra gli ominini, il salto evolutivo fu di ricorrere alla tecnologia dove non si poteva arrivare con la propria natura biologica. E noi oggi siamo gli eredi di quella strategia.