Prima che arrivassero i preservativi in lattice l'uomo ha provato davvero di tutto per evitare gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili. Inclusi curiosi "cappucci" in crine di mula.

Impermeabile inglese, cappello notturno, guanto di dama, gomma, vescica, peau divine (“pelle divina”) o baudruche (“palloncino”)... Di nomi, il preservativo, ne ha avuti davvero tanti. Almeno quanti sono i secoli che ci separano dalla prima volta in cui fu usato.

Per centinaia di anni, infatti, questo “capo” per soli uomini è stato indossato a tutte le latitudini e a tutte le epoche. Sembra che a servirsene sia stato anche l’uomo di CroMagnon, un'antica forma di homo sapiens, quando, bruttarello ma non sprovveduto, già 12mila anni fa indossò per la prima volta una protezione durante l’attività di coppia più antica del mondo. O almeno questo credono di vedere alcuni studiosi in un graffito rinvenuto in una caverna preistorica nella Grotte des Combarelles (Francia).

Nell'antico Egitto per proteggersi da scottature, sabbia, morsi di insetti gli uomini sotto la gonna indossavano una specie di sacchetto per il pene, tenuto da una striscia di stoffa. Tra gli uomini di rango, però, era diffuso un preservativo per il glande, una piccola guaina che copriva solo la punta del pene, ricavata dagli intestini degli animali.

Al tempo dei faraoni. Di certo conoscevano l'uso dei preservativi i faraoni egizi che non si abbandonavano mai a voluttuosi abbracci clandestini con donne diverse dalla propria moglie senza aver prima sistemato, proprio lì in cima, un piccolissimo cappuccio ricavato dagli intestini o dalle vesciche degli animali, oliati. Ma come gli era venuta la brillante idea di insacchettare il tutto?

Probabilmente gli Egizi erano stati ispirati da certi sacchetti, legati alla cintura con un cordoncino, in cui chi lavorava all’aperto metteva al sicuro le proprie parti basse, altrimenti esposte, sotto al gonnellino troppo corto, a scottature, traumi e morsi di serpente.

Modello classico. Meno raffinati, i Greci si accontentavano della membrana dell'intestino degli animali, opportunamente trattata.

Spartani anche nel fare l’amore, gli audaci Romani vantavano invece preservativi di rara scomodità: per ottenerlo gli amanti dovevano intrecciarlo a mano usando un pugno di peli della criniera di una mula.

Più inquietante era il cosiddetto “preservativo della vittoria” che i legionari fabbricavano con la pelle o i muscoli, tirati e ammorbiditi nell’olio, dei nemici caduti in battaglia: ai loro occhi era il modo più adatto a dimostrare virilità sia in guerra che a letto. Ma di norma, quando fraternizzavano con la parte femminile dei popoli vinti, si facevano bastare le guaine di vescica secca di capra, tenute al loro posto da legacci di cuoio o corda.

Arriva il condom. Ma il nome condom, oggi diffusissimo, a quando risale? Alcuni storici fanno risalire l'etimologia incerta di condom, il preservativo moderno, al latino medioevale condus, cioè "colui che allontana" significato che si accorderebbe con la sua funzione. Altri ritengono invece quanto meno sospetta l'assonanza col cognome di Charles de la Condamine.

Geografo e fisico francese, Condamine portò dall’Amazzonia, nella prima metà del ’700, un materiale indispensabile nella storia recente del preservativo: la gomma di caucciù con cui, a partire dal 1844, l’inventore statunitense Charles Goodyear – quello degli pneumatici – realizzò i primi rubbers (gomme).

I nuovi preservativi di gomma elastica diedero così il benservito a quelli di stoffa, più scomodi e costosi. Ma furono a loro volta soppiantati nel 1920 dai moderni e ormai famosissimi condom in lattice.

29 settembre 2018 Giuliana Rotondi
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