L'8 settembre 1522, Antonio Lombardo, detto Pigafetta (1492-1531), rientrava dalla spedizione partita da Sanlúcar de Barrameda (Siviglia) il 20 settembre 1519, con 18 uomini a bordo della Victoria, unica delle cinque navi (con Trinidad, Santiago, San Antonio e Concepción, 235 uomini d'equipaggio) ad aver concluso tutta la circumnavigazione del Pianeta. Ripercorriamo il viaggio di Pigafetta attraverso l'articolo "Alla ricerca del giorno perduto" di Anita Rubini, tratto dagli archivi di Focus Storia.
Inoltre, a 500 anni dall'evento, è possibile visitare la mostra "Pigafetta e la prima navigazione attorno al mondo. 'Non si farà mai più tal viaggio'" che si tiene fino all'8 gennaio 2023 alle Gallerie d'Italia a Vicenza.
Pochi superstiti. La spedizione a cui partecipò il vicentino Pigafetta era quella capitanata dal portoghese Ferdinando Magellano, che però era morto nel 1521, prima di portarla a termine. Fu proprio alla conclusione di quella lunga esplorazione che Pigafetta, cronista di bordo, si accorse che strada facendo non avevano perso solo il capitano, la maggior parte dell'equipaggio e 4 delle 5 navi con cui erano partiti: all'appello mancava anche un giorno. Era il 1522 quando la nave Victoria e i suoi pochi superstiti avevano fatto "scalo tecnico" in una piccola baia di São Miguel, la più meridionale delle Isole degli Avvoltoi (cioè le Azzorre). Dove un certo scalpore aveva fatto la notizia che non era il 9 luglio, ma il 10.
Cambio di data. "Commettessimo a li nostri del battello, quando andarono in terra, [che] domandassero che giorno era: me dissero come era a li portoghesi giove [giovedì]", annotava Pigafetta nella sua Relazione del primo viaggio intorno al mondo. "Se meravigliassemo molto perché era mercore [mercoledì] a noi; e non sapevamo come avessimo errato: per ogni giorno, io, per essere stato sempre sano, aveva scritto senza nissuna intermissione".
Era partito, con poco meno di 300 uomini, al seguito di Magellano quasi tre anni prima, il 20 settembre 1519 da Sanlúcar de Barrameda (Spagna). Quella mattina di luglio, solamente in 18 avevano rimesso piede sul continente europeo, dopo aver circumnavigato il globo. Il vicentino, ricontrollando il suo diario senza trovare inesattezze, aveva concluso che l'errore dovevano averlo commesso per qualche oscura ragione i portoghesi delle Azzorre. Ma anche quando la Victoria gettò l'ancora dopo altri due mesi nel porto di Sanlúcar le date non combaciavano. Per gli esploratori era il 5 settembre, per il calendario il 6. Era la premessa per una serie di scoperte eccezionali, inclusa quella del fuso orario.
Ma andiamo con ordine e torniamo all'inizio.
Esploratore per caso. Pigafetta, sulla spedizione di Magellano c'era finito quasi per caso. Nato in una nobile famiglia vicentina fu imbarcato come criado (addetto alla persona) e uomo d'arme (apparteneva all'ordine dei Cavalieri di Rodi) proprio sulla nave dell'ammiraglio, svolgendo al suo fianco incarichi di fiducia. Il suo obiettivo era "far esperienzia di me e andare a vedere quelle cose, che potessero dare alcuna satisfazione a me medesimo e potessero partorirme qualche no me appresso la posterità".
Insomma, era un tipo ambizioso in cerca di fama, arrivato lì forse grazie alla spintarella di Francesco Chiericati, suo concittadino, nunzio pontificio di Leone X, al seguito del quale era arrivato in Spagna. Quanto al comandante di quella missione, gli intenti erano più pratici: portare a casa il pepe, per esempio, spezia molto utilizzata all'epoca per coprire il sapore della carne andata a male. Per procurarsene bisognava fare rotta verso le Isole delle Spezie, ovvero le Molucche, in Indonesia. Magellano, portoghese ma al soldo degli spagnoli, provò a farlo andando "contro corrente", puntando cioè verso occidente. In mezzo c'era il continente sudamericano, già scoperto, ma si immaginava l'esistenza del paso, un canale che avrebbe dovuto tagliare l'America del Sud e portare a un altro mare da cui raggiungere l'Oriente. Detto, fatto: Magellano ci provò.
Reporter di viaggio. Nella relazione che ne fece Pigafetta, in un bizzarro italiano misto a dialetto vicentino e con qualche contaminazione di spagnolo, ci sono "tutte le cose passate de giorno in giorno nel viaggio nostro". Ci sono i pinguini chiamati oche e le foche soprannominate lupi marini, che "sarebbero ferocissimi se potessero correre". Poi ci sono i giganti della Patagonia, come quello che a un certo punto presero a bordo: "un uomo, de statura de gigante […] così grande che li nostri non gli arrivavano alla cintura". Statuarie anche le loro compagne che "non sono tanto grandi, ma molto più grosse. [...] Hanno le tette longhe mezzo braccio; sono dipinte e vestite come i loro mariti [cioè nude, ndr], se non [che] dinnanzi a la natura hanno una pellesina che la copre".
Un diario prezioso. Nel suo racconto trovano spazio anche donne che restano incinte per l'azione del vento e altre che per coprirsi usano le loro stesse enormi orecchie, e persino uccelli che trasportano sulla cima degli alberi elefanti e bufali. Nonostante qualche evidente svarione, per gli storici quello del vicentino resta un documento preziosissimo, tra l'altro il primo dizionarietto della lingua delle estreme regioni sudamericane.
Parole che annotò con il piglio del ricercatore: "Me disse questi vocaboli quel gigante, che avevamo nella nave, perché domandandome capac, cioè pane, che così chiamano quella radice che usano loro per pane, e oli, cioè acqua, quando el me vide scrivere questi nomi, domandandoli poi de li altri con la penna in mano, me intendeva".
I conti tornano. Con la stessa accuratezza aveva annotato il passare di quei 2 anni, 11 mesi e 17 giorni di navigazione. Eppure c'era quel giorno perso che metteva in discussione la sua precisione. Solo quando mise piede a terra in Spagna ebbe la prova della correttezza dei suoi calcoli: Pigafetta si accorse infatti che nel porto di Sanlúcar era attraccata, ormai da oltre un anno, la San Antonio, la nave più grande della flotta di Magellano. Il suo equipaggio, il 21 ottobre 1520, si era rifiutato di proseguire il viaggio e aveva fatto dietrofront. Sulla San Antonio Pigafetta mise le mani sul giornale di bordo e appurò che la data dell'ammutinamento coincideva con quella che anche lui aveva annotato. Nel resto del giornale però non c'era traccia di giorni perduti rispetto al calendario.
Spiegazione scientifica. Sembrava davvero che questo strano fenomeno fosse successo solo sulla Victoria. Il vicentino provò a buttarla in filosofia. Si procurò tutti i tomi che analizzavano il problema del tempo: da Tommaso d'Aquino a Plotino, passando per Platone e Aristotele. Ma non era lì che doveva cercare: la spiegazione era scientifica e stava nella rotazione della Terra intorno al Sole e della Terra su se stessa. I sopravvissuti della Victoria avevano calcolato i giorni rispetto alla circumnavigazione del globo, compiuta verso ovest, nella stessa direzione del Sole. La Terra, però, girando sul proprio asse verso est, aveva fatto accumulare ogni giorno un po' di ritardo alla nave: in pratica il Sole era passato sulle loro teste una volta in meno rispetto a chi li aveva aspettati in Spagna, senza muoversi.
Gira il mondo, gira. "Dunque non era errore; ma il viaggio fatto sempre per occidente e ritornato a lo stesso luogo, come fa il Sole, aveva portato quel vantaggio de ore ventiquattro, come chiaro se vede". Bisognò aspettare più di tre secoli perché questo fosse sancito ufficialmente: basandosi sul tempo impiegato dalla Terra per compiere una rotazione completa su se stessa (24 ore appunto), un accordo internazionale del 1884 divise la superficie terrestre in 24 spicchi, chiamati fusi orari, ciascuno con un'ampiezza di 15° di longitudine (corrispondenti a un'ora).
Il risultato? Un viaggiatore che si sposti verso ovest, passando da un fuso orario al successivo, deve portare indietro le lancette dell'orologio ogni volta per ogni fuso, per recuperare il tempo "perso".
Su tutti i fronti, dunque, la spedizione di Magellano fu un successo. A bordo della Victoria, capitanata dal nuovo comandante Juan Sebastián Elcano (a lui, e non a Magellano, spetta tecnicamente il primato della circumnavigazione), c'era un carico di chiodi di garofano e di noci moscate dall'Isola del Borneo, che ripagava chi aveva finanziato l'impresa. Nel corso degli 85mila km percorsi erano state dimostrate, nell'ordine: l'esistenza del passaggio occidentale alle Indie, la possibilità di circumnavigare il globo e, non da ultima, la sfericità della Terra. In più c'erano le premesse per comprendere il concetto di fuso orario. Che Pigafetta fu chiamato a spiegare nel palazzo reale di Valladolid, la sera dell'8 dicembre 1522, al cospetto di Carlo V, sponsor di Magellano. Lo fece simulando la circumnavigazione, e girando intorno a un grande tavolo circolare d'ebano.