Con una sentenza storica del 19 luglio 1887 il giudice William Wallace aveva riconosciuto ad Alexander Graham Bell la paternità dell'invenzione del telefono, chiudendo – si pensava – per sempre la diatriba giudiziaria tra lo scozzese Bell e l'italiano Antonio Meucci, che rivendicava pure lui l'invenzione.
Il telettrofono. Più di un secolo dopo, l'11 giugno 2002, una sentenza del Congresso degli Stati Uniti ha invece ribadito ufficialmente che Antonio Meucci (1808-1889), degno rappresentante del genio fiorentino, va considerato l'inventore del telefono (oltre che delle candele steariche, cioè che non colano). In altre parole, l'idea iniziale del "telettrofono" (così Meucci aveva chiamato questo "telefono elettrico") va considerata di sua paternità. Questo nonostante il brevetto sia stato depositato per primo dallo scozzese Alexander Graham Bell.
Ma in cosa consisteva il telettrofono? Partendo dal telegrafo, l'inventore italiano aveva escogitato un apparecchio che al posto dei messaggi (punti e linee di Morse) faceva passare la voce, dopo averla trasformata in segnale elettrico. Bell qualche anno più tardi presentò a Filadelfia un apparecchio simile con il quale fece, davanti a un pubblico di sbigottiti giornalisti, la prima telefonata "ufficiale" della storia, recitando la solenne frase "essere o non essere…".
Col tempo, però, fu fatta giustizia e Meucci vide riconosciuto il suo ingegno.