Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Obesity, le cosiddette Veneri paleolitiche (anche dette steatopigie, dal greco stéatos, grasso, e pyghé, natiche), statuette raffiguranti donne grasse o incinte plasmate attorno ai 30.000 anni fa, non sarebbero simboli di fertilità o bellezza, come si è a lungo pensato, ma rappresenterebbero ciò che all'epoca era molto difficile ottenere: un corpo ben nutrito. «Alcune delle statuette più antiche risalgono al periodo dell'era glaciale europea», spiega Richard Johnson, capo dello studio, «quando l'obesità non era una possibilità e sopravvivere era una sfida giornaliera».
Cibo, che sogno! I primi uomini moderni, gli aurignaziani, entrarono in Europa circa 48.000 anni fa, quando le condizioni climatiche erano buone e permettevano ai cacciatori-raccoglitori di trovare nutrimento con relativa facilità. Tuttavia qualche millennio dopo la situazione cambiò, e le temperature iniziarono a precipitare fino a 10-15 gradi sotto lo zero. Procacciarsi del cibo divenne sempre più difficile, e fu proprio in quel periodo che si iniziarono a produrre le prime statuine in pietra, avorio, corno o argilla, grandi dai 6 ai 16 centimetri, raffiguranti donne pasciute: non un inno alla fecondità o alla bellezza, ma un amuleto per sperare in tempi migliori, sognando quell'abbondanza.
Obesità e figli. A zone più fredde, corrispondevano statuine più grasse: «Queste donne rappresentavano l'ideale per le giovani dell'epoca, in particolare per quelle che vivevano in prossimità dei ghiacciai», spiega Johnson. L'obesità era vista come una condizione ideale: una donna obesa, in tempi in cui il cibo scarseggiava, aveva più facilità a portare avanti una gravidanza rispetto a una malnutrita. Secondo gli autori «il grasso era una fonte di energia importante durante la gestazione e lo svezzamento». Analizzando lo stato di conservazione di alcune figurine, e notando che molte di esse erano consumate, i ricercatori hanno concluso che venivano probabilmente donate dalle madri alle figlie di generazione in generazione, come auspicio per un futuro sano e privo di patimenti.