Perché, a differenza del Natale, la Pasqua cristiana non ha una sua data fissa? La Pasqua cade la prima domenica dopo la prima luna piena dell'equinozio di primavera. Dunque può cadere in un arco di 35 giorni: dal 22 marzo (nel caso sia plenilunio il 21 marzo, primo giorno di primavera, e il giorno successivo sia domenica) al 25 aprile (se il primo plenilunio è il 18 aprile e il giorno successivo è lunedì).
Il legame con il calendario lunare deriva dal fatto che la Pasqua cristiana trae origine dalla Pèsach (o Pesah), la Pasqua ebraica, festività che - a differenza della Pasqua cattolica che celebra la risurrezione di Gesù - commemora la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù e l'esodo dall'Egitto guidato dal profeta biblico Mosè verso la Terra Promessa.
Gli ebrei, ancora oggi, utilizzano un calendario i cui mesi durano quanto un ciclo lunare (29 o 30 giorni). La Pasqua ebraica è da sempre celebrata il quattordicesimo giorno del mese nissàn, cioè in corrispondenza della luna piena di marzo-aprile. Perciò, fino al II secolo, i cristiani celebravano la Pasqua il 14 nissàn per ricordare la morte di Gesù che, secondo l'evangelista Giovanni, era avvenuta in quel giorno.
La nuova data della Pasqua cristiana. In seguito prevalse il desiderio di celebrare la risurrezione del Cristo: nel 325 il concilio di Nicea, interpretando un passo di San Paolo, stabilì come data della Pasqua la domenica successiva alla prima luna piena di primavera. A cascata, sono stabilite anche una serie di altre feste "mobili", come la Pentecoste, che si celebra 50 giorni dopo (nel computo si comprende anche la Pasqua), o le Ceneri, 47 giorni prima, che apre il periodo della Quaresima.


Nel libro dell'Esodo, nella Bibbia, si racconta che quando gli ebrei erano schiavi in Egitto, un angelo della morte, inviato dal dio degli ebrei, si fermò nelle case degli egiziani uccidendo tutti i primogeniti (la decima e ultima delle piaghe d'Egitto). Ma passò oltre le case degli ebrei, le cui porte erano segnate con il sangue d'un agnello. Alle prime luci dell'alba, il popolo ebreo, risparmiato dall'angelo del Signore, partì verso la Palestina. La parola stessa pasqua è legata al verbo ebraico pasach che significa "passare oltre".
Agnello pasquale. Ancora oggi, la cena della vigilia pasquale ebraica "rivive" l'evento. Si mangia - secondo la tradizione - l'agnello (che ricorda il sacrificio) con erbe amare (che rammentano l'amarezza della schiavitù) e "pane azzimo" o non lievitato a significare la fretta con cui dovevano uscire dall'Egitto, fretta evidente anche nel modo in cui dovevano consumare quella cena: con i calzari ai piedi e con il bastone in mano, e mangiando di corsa.