Dopo quasi 2 mila anni di silenzio, due rotoli di papiro carbonizzati dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. hanno cominciato a svelare i loro segreti.
Grazie a un'avanzatissima tecnica di scansione ai raggi X e a un'equipe di scienziati italiani e francesi, è stato possibile decifrare alcune parole dei preziosi scritti senza bisogno di srotolarli, un'operazione che avrebbe distrutto i fragili reperti, bruciati e sigillati dalla cenere vulcanica.
Lo studio guidato da Vito Mocella, dell'Istituto per la microelettronica e microsistemi del CNR di Napoli, in collaborazione con l'Institut de recherche et d'histoire des textes di Parigi, è stato pubblicato su Nature Communications.
Patrimonio storico. Le roventi ceneri vulcaniche che cancellarono Pompei ed Ercolano hanno fatto giungere pressoché intatta, fino a noi, una mole immensa di tesori archeologici. Tra questi, anche gli antichi testi della biblioteca della Villa dei Papiri di Ercolano, forse appartenuta a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare, e venuta alla luce durante gli scavi del 1752.
Inaccessibili. Da allora, moltissimi tentativi sono stati fatti per accedere al contenuto dei papiri in essa conservati: i materiali vulcanici hanno carbonizzato e sigillato i rotoli, preservandoli dalla decomposizione ma rendendoli simili a tronchetti troppo fragili da srotolare.
Un nuovo approccio. Per evitare qualunque danno ai reperti (e incorrere in dilemmi archeologici come questo) Mocella e colleghi sono ricorsi alla tomografia a raggi X a contrasto di fase, una tecnica all'avanguardia e non invasiva, in uso presso la struttura europea per la luce di sincrotrone, Esrf (European Synchrotron Radiation Facility) di Grenoble.
La tecnica usata in medicina per visualizzare i tessuti molli che non assorbono bene i raggi X, permette di distinguere anche materiali che hanno un limitato contrasto tra loro (come l'inchiostro scuro e il papiro carbonizzato) perché si focalizza su come i materiali rifrangono, anziché assorbire, i raggi X.
Un primo passo. Le lettere inchiostrate si sollevano dal papiro di 0.1 mm. Tanto è bastato perché la tomografia arrivasse dove le precedenti scansioni ai raggi X avevano fallito: decifrare le lettere dell'alfabeto greco e alcune parole distinte su due diversi rotoli, uno ancora avvolto e uno disteso, conservati in Francia dal 1802, quando furono dati in dono a Napoleone Bonaparte.
Sul rotolo disteso sono state ricostruite due parole, PIPTOIE e EIPOI, "cadrebbe" e "direbbe"; su quello chiuso, più danneggiato e difficile da analizzare, alcune lettere riconducibili alle parole "negare", e "per".
Una possibile attribuzione. Lo stile di scrittura, confrontato a quello di altri testi della biblioteca potrebbe essere riconducibile a quello del filosofo epicureo greco Filodemo, di cui Lucio Calpurnio Pisone era protettore, vissuto tra il 110 e il 40 a.
C.; se così fosse i testi potrebbero appartenere a quell'epoca. Ma il lavoro di decodifica si prospetta ancora lungo e complesso.
Una ricostruzione della tecnica utilizzata pubblicata su Nature:
Ti potrebbero interessare anche