Il 25 ottobre 1881 nasceva Pablo Picasso, uno dei più grandi artisti mai esistiti, fondatore del cubismo. Aprì il primo studio a 16 anni e morì a 92, lasciando circa quindicimila opere tra quadri, disegni, schizzi, ceramiche. La sua ossessione, oltre all'arte, erano le donne, fonte della sua creatività. «Per me esistono solo due tipi di donna: le dee e gli zerbini», diceva Pablo Picasso. L'uomo che amava le donne. O forse le odiava. L'uomo che a 85 anni, in una rara intervista televisiva, disse: «L'unica cosa che conta per me è l'amore».
Picasso e le donne: enigma irrisolto. C'è una sola certezza: per tutta la sua lunghissima esistenza, la geniale sperimentazione artistica del pittore simbolo del Novecento va di pari passo con il viaggio compiuto ai limiti estremi dell'universo femminile. La moglie, l'amante, la compagna, l'ispiratrice, la donna da usare, l'intellettuale, la musa, la modella. Donne fulcro del suo immaginario – dal periodo blu e rosa fino al cubismo, dall'esperienza di Guernica alle centinaia di disegni e schizzi – ma anche donne che ha sposato, tradito, lasciato, fatto impazzire.
Donne con cui ebbe le prime esperienze sessuali attraverso l'iniziazione nei bordelli quando aveva 13 anni, insieme al padre. Donne attratte dalla sua genialità, sedotte dai suoi occhi accesi di passione. Donne che sin da quand'era piccolo furono al centro di un'esistenza unica: doña Maria, la madre che lui adorava e da cui prese il cognome, la zia Pepa, le sorelle Lola e Conchita, morta a 9 anni. «La sensibilità di Picasso nei confronti delle donne oscillava da un'estrema tenerezza in una mano a un odio violento nell'altra: la via di mezzo era improbabile se non oltraggiosa», ha scritto Patrick O'Brian, uno dei suoi biografi.
«Dopo Picasso solo Dio», arrivò a dire Dora Maar, una delle tante dee tradite, incapaci di accettare il mondo senza di lui. Anche lei, come tutte le altre, vittima designata di un intreccio fatale di corpo e spirito, carne viva e rappresentazione nell'immagine, trascinata da una forza vitale che poi si trasformava nel suo opposto. Il grande artista andaluso, infatti, seduceva ma non si concedeva, soddisfatto di vedere gli altri trasformarsi in Picasso-dipendenti.
Appetito vorace. Nato a Malaga (Spagna) nel 1881, quando a 19 anni si trasferì a Parigi il suo talento era già indiscutibile. E anche il suo insaziabile appetito sessuale. La sua prima vera passione fu per la modella Fernande Olivier.
Era il 1904, avevano entrambi 23 anni. Lui, innamorato pazzo, non voleva che lei posasse per altri. Fernande, testimone della vita parigina vissuta all'inizio tra gli stenti, fu accanto al Picasso del periodo rosa e al Picasso cubista. Bella, delicata, è la Donna in camicia, ma anche La fanciulla nuda con cesto di fiori che lo aiutò a risorgere dalla malinconia del periodo blu.
Furono otto anni intensi, ma sufficienti a esaurire la spinta erotica di Picasso, che abbandonò la sua prima amante all'improvviso nel 1912. Una storia, quella di Fernande, morta nel 1966 povera e sola, che è un presagio di quel che accadrà in seguito a chi si avvicinò troppo al pittore. Ma per quale musa Picasso lasciò la modella? La nuova amante si chiamava Marcelle Humbert, ma lui la ribattezzò Eva e per l'artista fu la dea dell'amore. «Il mondo comincia adesso e tu sei Eva», le confidò. Lei gli ispirò una serie di quadri che segnavano il ritorno a colori vivaci, al puntinismo. "J'aime Eva", "Ma jolie", troviamo scritto in molte sue opere, come se fosse un tatuaggio d'amore: una passione disperata e breve, poiché Marcelle morì di tubercolosi nel 1915.
Per Picasso la perdita fu enorme. Ma mentre in Europa infuriava la Prima guerra mondiale e l'artista stava lavorando alla scenografia di Parade con il musicista Erik Satie e lo scrittore Jean Cocteau, per la compagnia Ballets russes di Sergej Djagilev, durante un soggiorno a Roma restò folgorato dalla ballerina Olga Khokhlova. Era il 1917. La russa lo seguì a Barcellona e poi a Parigi, lui la sposò l'anno dopo alla presenza di Guillaume Apollinaire e Cocteau. In un periodo in cui la sua arte oscillava tra naturalismo e cubismo, dipinse quadri come Ritratto di Olga in poltrona. Un matrimonio che non riuscì a tenere a freno la sua irruenza: l'istinto erotico venne sublimato realizzando centinaia di disegni di donne lascive, circondate da simboli fallici o grottesche figurazioni dei genitali femminili.
UN AMORE Troppo giovane. Nel 1921 nacque Paulo, il primo figlio di Picasso, rappresentato in braccio alla madre in opere simbolo della pittura moderna. E forse allora, o addirittura uno o due anni prima – Picasso era molto discreto sui suoi affaires amorosi – mentre passeggiava nei boulevards, l'artista ebbe una nuova apparizione: Marie-Thérèse Walter, minorenne bionda e dagli occhi azzurri. «Sono Picasso, vorrei farle un ritratto», le disse.
Per la ragazza, che viveva con la madre e non aveva mai conosciuto il padre, il transfert con quell'uomo più grande di lei di trent'anni fu immediato.
Marie-Thérèse, l'amante-bambina, ritratta in quadri come Interno con ragazza che disegna, restituì al pittore il vigore perduto. Picasso iniziò a sperimentare una straordinaria rigenerazione dello stile che lo portò alla simbologia del minotauro e alla realizzazione di Guernica. Marie-Thérèse, che accettava di vivere nell'ombra senza interferire nella vita del suo amante, per Picasso era perfetta. Ma quando lei gli annunciò di aspettare un figlio e Olga lo scoprì, si scatenò l'inferno. Il matrimonio era in comunione dei beni, la moglie trascinò il pittore in tribunale e fece mettere i sigilli a tutte le sue proprietà, compresi colori, pennelli e dipinti in lavorazione.
«Ogni volta che cambio donna, dovrei bruciare la precedente. Così me ne sbarazzerei, e non sarebbero tutte lì a complicarmi l'esistenza. Questo forse mi ridarebbe anche la giovinezza. Si uccide la donna e si cancella il passato che essa rappresenta», diceva Picasso. Parole profetiche. Olga, che gli aveva fatto vivere quello che lui definiva «il peggior periodo della mia vita», morì pazza 20 anni dopo. Alla Walter non andò meglio. Infatti Picasso, al quale nel 1935 era nata la piccola Maya, non era mai sazio.
Una storia sofferta. Nel 1936 ecco un'altra donna a cambiargli l'esistenza: Dora Maar, 29 anni. La incontrò nel caffè parigino Les Deux Magots. Seduta a un tavolino in guanti neri, con un coltello affilato, lei stava colpendo lo spazio tra un dito e l'altro e ogni tanto sbagliava un colpo. Lui alla fine le chiese in dono il guanto insanguinato. Fu l'inizio emblematico del loro rapporto: «Sono la donna che piange, sono la donna verde dei quadri del genio, sono l'idea stessa del dolore: il mio, il suo, il dolore del mondo», disse lei. Dora corrispondeva fisicamente al tipo di donna preferito da Picasso: bassa, formosa, bruna, occhi azzurri. Era l'opposto di Marie-Thérèse, e rappresentava la sfida intellettuale che Picasso stava cercando. Fotografa, elegante, colta, indipendente, era figlia di un architetto croato, aveva vissuto in Argentina e parlava spagnolo. Senza interrompere la relazione con la Walter, per la quale ritagliò lo spazio del giovedì e della domenica anche per vedere la figlia, Picasso cominciò il rapporto con Dora.
Rapporti morbosi. Una storia durata 7 anni in cui l'artista le mise sempre di fronte Marie-Thérèse, costringendo le due donne anche a cenare insieme. Oppure le faceva impazzire di gelosia ritraendole nella stessa posa, fino al punto di farle scontrare fisicamente. «Solo io so quello che lui è. È uno strumento di morte: non è un uomo, è una malattia», disse successivamente Dora, che in quel periodo diventò il principale soggetto femminile dei suoi quadri: era La donna che piange, atterrita, in lacrime, un fazzoletto stretto tra i denti, La donna con il gatto, sempre con il volto deformato da spigoli e diagonali, occhi sbarrati e spiritati. «Per anni l'ho ritratta in forme torturate, non per sadismo o piacere. Ma perché quella era la realtà profonda di Dora», raccontò Picasso. «La gioia e la felicità non servivano alla sua arte, mentre con la tristezza, la sua e degli altri, dava il meglio», spiegò invece lei.
Intanto, sconvolto dalla Guerra civile spagnola, nel 1937 Picasso aveva dipinto Guernica, la tela che denunciava la strage di civili nella cittadina basca dopo il bombardamento aereo dei tedeschi. E Dora era lì: a fotografare le fasi dell'opera in una serie di scatti entrati nel mito. Eppure lui poco dopo la convinse ad abbandonare la fotografia e a riprendere la pittura, costringendola a subire le sue critiche distruttive: «Tanti segni per non dire niente», le diceva. Ma il destino stava preparando un contrappasso al crudele Picasso.
La legge del contrappasso. La donna che segnò uno spartiacque nella sua vita si chiamava Françoise Gilot. Allieva di un amico pittore quando la incontrò, nel 1944, lui aveva 63 anni e lei 22. Si trovarono avvinti in un amour fou che per Picasso rappresentò ancora una volta un rinnovamento della carica sensuale. Françoise gli diede altri due figli: Claude (1947) e Paloma (1949). Nei quadri di questo periodo tornarono i temi della madre con il bambino. Ma anche con Françoise si riattivò il meccanismo di attenzioni sconfinate e crudeltà senza pari: quando lei era incinta Picasso la adorava, dopo le gravidanze la rifiutava. Gelosissimo, voleva che si vestisse in modo monacale, mentre intrecciava relazioni con altre.
«Le donne entravano e uscivano nella sua vita come lucciole attratte da una lanterna; le fissava sulla tela, le usava sessualmente e quando era stanco le gettava via», ha raccontato Françoise, oggi centenaria.
Paloma aveva 4 anni quando Gilot fece un gesto inaudito: lasciò Picasso dicendogli anche che odiava la sua pittura. Lui per rabbia le spense una sigaretta sulla guancia e cercò di convincerla a restare. «Credi che la gente si interesserà a te? Nessuno lo farà mai per quello che tu sei», le disse. Ma Françoise non cedette e si affrancò del tutto sposando un altro e pubblicando Vita con Picasso, il libro per il quale il pittore la portò in tribunale.
Voglie senili. Di nuovo, a più di 70 anni, le donne per Picasso non erano un capitolo chiuso. Le avvicinava, anche giovanissime, donando loro la statuetta di un uomo piccolo con un gigantesco fallo. L'incontro con l'ultima dea avvenne nel 1954 in Costa Azzurra, dove viveva da anni tra Antibes, Mougins e Vallauris, creando ceramiche. Tra i vasi scoccò il colpo di fulmine con la ventottenne divorziata Jacqueline Roque. Per lei acquistò a Vallauris un castello da favola. La sposò nel 1961, dopo la morte di Olga (1955), dalla quale non aveva mai divorziato.
Inguaribile infedele, Picasso ebbe altre relazioni. Ma Jacqueline non lo lasciò mai e con lei l'artista trascorse forse il periodo più tranquillo della sua vita. Quando morì, l'8 aprile 1973 a Mougins, fu come se ciò che aveva seminato in vita continuasse a produrre frutti avvelenati. Nel 1975 il figlio Paulo si tolse la vita. Nel 1977 Marie-Thérèse si impiccò. Nel 1986 Jacqueline si suicidò con un colpo di pistola. Dora, che si era sottoposta a cure psicoanalitiche, elettroshock, conversioni religiose, morì sola nel 1997, dimenticata dal mondo ma fedele a un patto con se stessa: «Tutti pensavano che mi sarei uccisa dopo il suo abbandono. Anche Picasso. Il motivo principale per non farlo fu privarlo della soddisfazione».
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Questo articolo è tratto da "Le donne di Pablo" di Antonella Fiori, pubblicato su Focus Storia Biografie (settembre 2012). Leggi anche l'ultimo numero di Focus Storia ora in edicola.