Storia

I resti di nove Neanderthal in una grotta a sud di Roma

La grotta Guattari a San Felice Circeo restituisce, dopo 82 anni, le ossa di altri individui Neanderthal di epoche diverse, forse prede delle iene.

Una campagna di scavi in un sito archeologico a sud-est di Roma ha riportato alla luce le ossa di nove individui Neanderthal vissuti in epoche diverse: sette maschi adulti, una donna e un bambino, forse trascinati nella caverna da animali selvatici. La scoperta è avvenuta nella grotta Guattari di San Felice Circeo (Latina), grazie al lavoro della soprintendenza archeologica delle province di Latina e Frosinone insieme all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
 
Proprio nella grotta Guattari, il 24 febbraio 1939, era stato ritrovato un cranio di Neanderthal, apparentemente posizionato al centro di un approssimativo cerchio di pietre. Quella scoperta era rimasta fino ad oggi isolata: gli ultimi scavi, cominciati nel 2019, hanno interessato una nuova parte di grotta, non ancora esplorata.

tra le fauci delle iene. La maggior parte delle ossa risale a un periodo compreso tra i 100.000 e i 90.000 anni fa, ma alcune sono finite nella grotta più di recente, tra i 68.000 e i 50.000 anni fa. Una frana forse causata da un terremoto ha sigillato l'accesso del sito per decine di migliaia di anni, preservando i reperti fino ad oggi. Accanto alle ossa, che includono calotte craniche e mascelle fratturate, sono stati trovati resti di vegetali e di animali selvatici, come rinoceronti, cervi, cavalli e iene.
 
Queste ultime potrebbero aver avuto un ruolo determinante nell'uccidere i Neanderthal e nel divorarne i corpi. «Al momento l'unica cosa certa è che abbiamo un femore mangiato da una iena, che su quell'osso ha lasciato persino l'impronta dei denti. D'altra parte sappiamo che le iene amano rosicchiare le parti terminali delle ossa lunghe perché sono molto ricche di calcio e questo serve al loro metabolismo», ha spiegato all'agenzia ANSA Mario Rubini, direttore del servizio di antropologia della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Lazio.

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Crani aperti. «I Neanderthal erano prede delle iene - ha precisato al Guardian Mario Rolfo, professore di archeologia all'Università di Tor Vergata - le iene li cacciavano, specialmente i più vulnerabili, come gli individui malati o anziani». Prima che questi predatori prendessero definitivamente possesso della grotta, facendone la loro tana, è possibile che i Neanderthal l'abbiano abitata per un periodo. L'appetito delle iene potrebbe anche spiegare (ma è soltanto un'ipotesi) una caratteristica che accomuna i crani trovati nel sito, quella cioè di presentare una grande apertura alla base, come osservato anche nel reperto del 1939.
 
Le iene potrebbero aver svuotato i crani dopo una loro accidentale rottura, potrebbero averli allargati per estrarne il contenuto o ancora aver approfittato di un foro già aperto dall'uomo: per ora non è possibile avanzare una spiegazione precisa, perché quello che possiamo osservare oggi è solo l'ultimo intervento sulle ossa.

L'ipotesi del cannibalismo rituale da parte dei Neanderthal (cioè del cranio aperto apposta per nutrirsi del cervello dei defunti) formulata 82 anni fa dal paleontologo italiano Alberto Carlo Blanc fu successivamente scartata a favore del ruolo delle iene.

Non è finita qui. L'alto numero di individui risalenti a diversi periodi storici in un unico sito fa comunque pensare a una popolazione significativa di Neanderthal, una prima comunità umana. Gli studi proseguiranno con l'analisi del DNA estratto dai reperti, per ottenere maggiori informazioni sullo stile di vita di questi antichi italiani.

10 maggio 2021 Elisabetta Intini
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