Storia

Il Natale durante la pandemia di Spagnola del 1918

Quale atmosfera accompagnò le festività di Natale nell'anno della Spagnola? Timori e raccomandazioni non erano molto diversi da quelli odierni.

Attenzione al vischio: così il 21 dicembre 1918, dalle pagine dell'Ohio State Journal, il Commissario alla sanità locale invitava i lettori a resistere alla tentazione del tradizionale bacio di Natale. «Quest'anno - scriveva - mostrerete più amore per vostro padre e vostra madre, per vostro fratello, vostra sorella e il resto della famiglia rimanendo a casa anziché andandoli a visitare per Natale, o tenendo feste o riunioni familiari».

Natale 1918. Allora la minaccia non si chiamava CoViD-19 ma influenza spagnola, e negli Stati Uniti la curva dei contagi attraversava una fase calante dopo la seconda ondata. Soltanto negli USA, quella pandemia avrebbe portato in totale 675.000 vittime, più del doppio di quelle causate finora dalla covid, ma in una popolazione assai meno numerosa di quella attuale. Erano un altro secolo, un'altra pandemia, un'altra fase storica: ciò nonostante, tra il Natale 2020 e quello 1918 ci sono diversi punti di contatto.

Un articolo pubblicato sul sito dello Smithsonian ricostruisce il quadro storico di allora. Nel 1918, le indicazioni sanitarie non spettavano al governo federale (i Centres for Disease Control and Prevention o CDC sarebbero nati nel 1946) ma alle singole municipalità. Alcune città, come San Francisco, avevano gestito con efficacia la prima ondata, rendendo obbligatorie mascherine e distanziamento e optando, alla metà di ottobre del 1918, per un lockdown. Le misure avevano funzionato, ma la riapertura - a fine novembre - era avvenuta troppo in fretta. A metà dicembre i casi erano di nuovo in crescita e i cittadini si mostravano ormai insofferenti a nuove restrizioni.

I no-mask. Si diffusero gli antesignani dei movimenti "no-mask": alcuni descrivevano l'obbligo di mascherina come una violazione dei propri diritti, altri, nel non indossarle, adducevano motivazioni religiose. Alcuni si lamentavano della scomodità (e non con tutti i torti: le mascherine consistevano, allora, in diversi strati di garza da far bollire per 10 minuti al giorno per un effetto sterilizzante).

L'egoismo legato alle mascherine non era l'unico fatto che potrebbe sembrare familiare. A Milwaukee, la città di molti immigrati cattolici osservanti del Nord Europa, per il timore di contagio nel periodo dell'Avvento furono chiuse le chiese: c'era pertanto chi si lamentava delle celebrazioni sospese e dei saloni di bellezza aperti. Anche nel 1918, prima dei grandi magazzini, del consumismo, di Amazon e del Black Friday, il periodo di Natale era il tempo di shopping e regali. Temendo ritardi nella catena di rifornimenti, i negozianti avevano invitato i clienti ad acquistare in anticipo; a chi per il timore di contagio non usciva di casa avevano garantito la consegna a domicilio.

Tra i commercianti le istanze no-mask attecchirono facilmente: si temeva che vedere persone con la mascherina in negozio allontanasse gli altri i potenziali clienti.

Fiducia nelle istituzioni. Diversamente da oggi, però, le misure anti-contagio non vennero politicizzate. C'era tra la popolazione una maggiore familiarità con le epidemie: in molti avevano perso un figlio per la difterite o visto qualcuno paralizzato dalla polio. Si era più pronti a una certa limitazione delle libertà personali per far fronte a un "nemico invisibile", e più inclini a riporre fiducia nelle autorità. I responsabili dei dipartimenti di salute pubblica avevano spesso poteri di polizia e potevano disporre la quarantena per una persona o per un intero distretto. Nessuno si sarebbe sognato di contestarne l'autorità e vigeva una maggiore fiducia nella scienza, nonostante le conoscenze ancora contenute su virus e vaccini.

Anche allora ci si interrogava su come sarebbero state le feste, in quella situazione eccezionale; ma non se ne faceva un cruccio eccessivo, anche perché i raduni familiari non erano una circostanza rara come oggi. In molti casi, diverse generazioni abitavano sotto lo stesso tetto, al piano di sopra o nella stanza accanto.

La fine della grande Guerra. L'esigenza di riabbracciarsi fu resa ancora più urgente dalla fine ufficiale della Grande Guerra nel novembre 1918. Ma in generale, sulla delusione per gli incontri rimandati prevalsero euforia e gratidudine. In meno di un anno, 100.000 uomini avevano perso la vita nel conflitto mondiale, molti anche a causa dell'influenza: c'era la consapevolezza di essere sopravvissuti a qualcosa di terribile, in un anno che sarebbe sicuramente passato alla Storia.

22 dicembre 2020 Elisabetta Intini
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