Storia

Myanmar: la storia del Paese che si chiamava Birmania

Il colpo di stato dei militari in Myanmar ha riacceso i riflettori sul Paese asiatico una volta noto come Birmania ma la cui storia è poco conosciuta. Eppure è stato la culla del buddismo. E ha un passato martoriato da guerre e dittature.

In Myanmar, con un colpo di stato, l'esercito ha preso il potere facendo arrestare l'ex dissidente e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi con l'accusa di frodi alle elezioni di novembre che l'avevano confermata leader del Paese con la vittoria della Lega nazionale per la democrazia (LND). Per comprendere gli eventi di questi giorni è importante ripercorrere la storia di questo Paese dal passato turbolento (che fino al 1988 si chiamava Birmania). Lo facciamo con un articolo tratto da Focus Storia 112

"Questa è la Birmania ed è diversa da qualsiasi altra terra che avete conosciuto". Così lo scrittore inglese Rudyard Kipling metteva in guardia i viaggiatori occidentali che a fine Ottocento si avventuravano in quella regione esotica. A distanza di oltre un secolo l'anima birmana rimane impenetrabile quanto la sua giungla. Chiusa in una dittatura militare, sconvolta dalla guerriglia etnica e politica, per mezzo secolo la Birmania è stata inaccessibile anche fisicamente. Ha cominciato ad aprirsi solo negli ultimi anni, con un percorso faticoso che ha portato al trionfo elettorale, nel novembre 2015, della Lega nazionale per la democrazia (LND) guidata da Aung San Suu Kyi (Nobel per la Pace nel 2012), figlia di Aung San, leader dell'indipendenza dai britannici. Ma per capire quello che accade in quella parte dell'Asia bisogna partire dalle sue radici, per noi europei avvolte dal mistero.

Gli occidentali guardano la Birmania dal lato sbagliato, cioè dal mare. Ma la sua porta principale è a nord, attraverso i valichi di montagna che conducono in Cina. Fin dall'antichità, da qui passava la variante più meridionale della Via della Seta, che collegava il mondo cinese a quello indiano e poi al Mediterraneo. Tutto questo viavai di imperi rimase una costante nella storia birmana, insieme alla bellicosità dei suoi abitanti. Le antiche cronache parlano di tribù tatuate, adoratrici di dragoni e mangiatrici di uomini. Oggi sono censite 135 etnie e gli usi tribali restano diffusi: l'ultima testa tagliata dai guerrieri Wa, braccio armato del regime, risale al 1976.

Il modello dello Stato birmano. Ma se da un lato la violenza è un ingrediente delle civiltà birmane antiche, dall'altro la Birmania è una culla del buddismo. I primi ad adottarlo da quelle parti furono i Pyu, che nel II secolo a.C. fondarono 18 città-Stato e adottarono una versione sincretica del buddismo, mescolato all'induismo. Sembra che i Pyu fossero molto pacifici: utilizzavano addirittura seta da fibre vegetali per non maltrattare i bachi.

Forse erano persino troppo pacifici. Attorno al IX secolo vennero spazzati via dai guerrieri Nanzhao, arrivati da nord. Insieme a loro calarono i Bamar, un popolo dell'altopiano tibetano e primi grandi signori della Birmania. Nel 1044 il loro re Anawrahta unificò i territori lungo il fiume Irrawaddy con la regione del delta, patria dei Mon.

I Bamar erano contadini, mentre i Mon navigatori e mercanti in contatto con la versione Theravada del buddismo, arrivato fin lì dallo Sri Lanka. I secondi finirono per avere la peggio, ma i Bamar ne adottarono arti e conoscenze per fonderle nel melting-pot birmano. All'apice del suo splendore la capitale dei Bamar, Bagan (detta anche Pagan) vantava oltre 3.000 templi, 300 dei quali visibili ancora oggi. Lo storico Michael Aung Thwin fa risalire proprio al regno di Bagan il modello dello Stato birmano fino a oggi dominante, basato su ordine, esercito ed egemonia etnica dei Bamar: «In Birmania l'anarchia è più temuta della tirannia», sintetizza.

Ma c'è un altro elemento chiave per capire questa nazione, che i birmani sintetizzano in un proverbio: "La pagoda è finita e il Paese è in rovina". Per lo storico Daniel G. E. Hall questo antico detto esprime il particolare rapporto tra religione e Stato in Birmania. I sovrani si presentavano come campioni del buddismo e facevano a gara a chi edificava le pagode più maestose, nella speranza di non doversi reincarnare in esseri inferiori. Per farlo non badavano a spese e questo prosciugava le casse del tesoro.

buddisti al potere. Il clero buddista era la massima autorità morale, i monasteri erano esentati dalle tasse e i giovani venivano educati nei monasteri. Secoli dopo, saranno i monaci a opporsi al colonialismo britannico, con società segrete ispirate (strano a dirsi, ma vero) al Sinn Fein, il movimento indipendentista irlandese. In anni recenti, è stato proprio il buddismo a ispirare il movimento democratico che si oppone alla dittatura militare. Benché spesso i monaci siano nazionalisti e gli "ultrà" in tonaca predichino la persecuzione delle minoranze musulmane, discendenti da immigrati indiani.

Il favore di Buddha non salvò l'impero di Bagan dal crollo, sotto la forza d'urto dei Mongoli. Era il 1287 e nel vuoto di potere sorsero i principati degli Shan, che si formarono sulle colline che poi diventeranno il Triangolo d'Oro. Lo scontro tra arcieri a cavallo mongoli ed elefanti da guerra birmani è uno dei simboli per capire tutto l'Oriente: è il conflitto tra il mondo delle steppe dell'Asia Centrale e quello delle giungle tropicali dell'Asia Meridionale.

La vittoria del primo significò per la Birmania l'inizio del suo Medioevo. Tre regni, Shan, Bamar e Mon, entrarono in guerra permanente tra loro e contro i vicini imperi del Siam (Thailandia) e Khmer (Cambogia). La potenza Bamar rinacque soltanto molto dopo, nel XVI e XVIII secolo con le dinastie Toungoo e Konbaung. Questi secoli di guerre continue spalancarono le porte a nuovi popoli arrivati dal mare, gli europei: mercenari e razziatori portoghesi, mercanti olandesi, francesi e inglesi, alleati di questo o quel regno.

Gli inglesi non volevano conquistare la Birmania. A forzare lo scontro furono l'aggressività birmana verso l'India britannica, la competizione tra Inghilterra e Francia e gli appetiti della East India Company, la compagnia mercantile inglese. La conquista costò tre guerre (1824-26, 1852, 1885) ma alla fine la Birmania fu annessa all'India britannica. Hall è lapidario: "Il più grave errore commesso dalla Gran Bretagna nei confronti della Birmania fu annettere questo Paese all'Impero indiano", scrive. "La sua civiltà, la sua storia, le sue caratteristiche culturali conferivano alla Birmania un'individualità che i conquistatori avevano il dovere di preservare con ogni possibile cura".

mezzo secolo di dittatura. Invece economia e società vennero riorganizzate in stile coloniale, cancellando antichi equilibri. Furono spinte al massimo la produzione di riso per l'esportazione e l'estrazione di petrolio e rubini, mentre le foreste furono disboscate per costruire navi e vagoni dei treni indiani. Gli inglesi in cambio portarono strade, ferrovie, scuole e università. E anche, a ben vedere, democrazia: nel 1937 introdussero un sistema parlamentare bicamerale ed estesero il diritto di voto alle donne alfabetizzate. Ma la modernizzazione scatenò l'ostilità dell'aristocrazia feudale e del clero buddista, defraudati dei loro privilegi.

La Birmania era in pieno fermento quando, nel 1942, fu invasa dai giapponesi, alleati di Hitler. Gli invasori all'inizio furono accolti come liberatori, ma di fronte alla loro violenza i birmani passarono agli Alleati. Dopo la guerra, a capo del Paese c'era Aung San, padre del primo ministro, ora incarcerato. Cercò di pacificare le etnie, deciso a ottenere la piena indipendenza dall'Inghilterra (che verrà nel 1948), ma nel 1947 fu trucidato dagli ultranazionalisti. E nel 1962 la Birmania sprofondò in un regime da cui uscì solo nel 2015 quando la Lega Nazionale per la Democrazia ottenne 291 seggi nelle prime elezioni libere dal colpo di Stato del 1962. Dopo 53 anni di dittatura, dalle elezioni del 2016 era una donna a guidare il Paese: Aung San Suu Kyi, figlia dell'indipendenza e Nobel per la Pace nel 1991.

La leader che il 1 febbraio 2021 è stata arrestata dai militari durante il colpo di stato dell'esercito.

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1 febbraio 2021
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