Storia

4mila anni di geroglifici in mostra al Museo Egizio di Torino

A 200 anni dalla prima decifrazione dei geroglifici, in mostra "Il dono di Thot", un'esposizione con 170 reperti che celebrano l'antico sistema di scrittura egizio.

"Questa conoscenza, o re, renderà gli egiziani più sapienti e più capaci di ricordare, perché con essa si è ritrovato il farmaco della memoria e della sapienza". Così Thot, divinità con corpo umano e testa di ibis, donò al re egizio Thamus la più preziosa delle sue invenzioni: la scrittura.

Il mito, così celebre da confluire nella cultura occidentale (lo racconta il filosofo greco Platone nel Fedro), rappresenta in modo efficace il popolo egizio, grande cultore della parola, espressa con uno dei sistemi di scrittura più complessi della Storia, che mescola pittogrammi e simboli: i geroglifici.

Sono proprio i geroglifici i protagonisti della mostra "Il dono di Thot: leggere l'antico Egitto" al Museo Egizio di Torino (fino al 7 settembre 2023). «Con questa esposizione il Museo Egizio ha inaugurato 500 metri quadrati nuovi di spazio espositivo concessi dall'Accademia delle Scienze», racconta Paolo Marini, uno dei curatori della mostra con Federico Poole e Susanne Toepfer. «Quando la mostra sarà terminata diventerà parte di un progetto più ampio: una Galleria della scrittura che apriremo al terzo piano del Museo».

La mostra "Il dono di Thot: leggere l'antico Egitto" (fino al 7 settembre 2023 al Museo Egizio di Torino) espone 170 reperti, dai papiri alle statue scolpite nel legno o nella pietra fino agli oggetti in alabastro. Un'occasione anche per celebrare il bicentenario della decifrazione dei geroglifici da parte dell'archeologo francese Jean-François Champollion, che nel 1822 tradusse per la prima volta i geroglifici grazie alla stele di Rosetta.

PAROLE MAGICHE. Ma cosa resta da scoprire sui geroglifici egizi, a due secoli dalla prima decifrazione? «Oggi siamo in grado di tradurre la totalità dei geroglifici che ci sono pervenuti, con pochissime eccezioni», racconta Alessia Fassone, curatrice del Museo Egizio di Torino. «È un repertorio di oltre 7.000 segni, utilizzati per la maggior parte in testi religiosi, per celebrare divinità o defunti».

«Ci sono arrivati anche testi più prosaici», continua l'esperta. «Dalle ricette mediche alle maledizioni, dai resoconti storici ai testi amministrativi o giuridici. Ci offrono uno sguardo completo su questa civiltà che dava un grande valore, anche magico, alla parola. Resta un solo, enorme mistero su questo sistema di scrittura: come sia nato. Una storia lunga e misteriosa: i documenti più antichi risalgono al 3200 a.C.».

L'egittologo Paolo Marini dispone alcuni reperti in una delle vetrine della mostra “Il dono di Thot”. © Museo Egizio di Torino

Papiri rari. Fra i molti reperti unici al mondo del Museo Egizio di Torino - il più antico interamente dedicato alla civiltà del Nilo (fu aperto nel 1824 su iniziativa dei Savoia, che investirono grandi somme per acquistare reperti egizi e ottenere prestigio internazionale) - c'è anche il "Papiro dei re", in mostra dopo un lungo e delicato intervento di restauro. Vi si legge l'elenco dei faraoni dal 2900 al 1650 a.C.

Di ciascuno di loro sono ricordati il nome, il titolo e la durata del regno in anni, mesi e giorni.

CONGIURA PUNITA. Altrettanto affascinante è il "papiro della congiura", gli atti di un processo contro un gruppo di cospiratori, accusati di aver attentato alla vita del faraone Ramses III (1187-1157 a.C.). Il complotto era stato organizzato dalla regina Tiye, che con l'appoggio di alcune figure di spicco del governo, voleva insediare al trono suo figlio Pentaweret, al posto dell'erede legittimo.

Il papiro non dice come andò a finire, ma le analisi sulla mummia di Ramesses hanno svelato un profondo taglio alla gola: morì sgozzato. Nonostante il delitto, comunque, l'erede legittimo riuscì a salire al trono, al posto di Pentaweret. Diventò re col nome di Ramesses IV e fece arrestare, processare e condannare a morte i congiurati. Che ebbero la possibilità, come racconta il papiro, di suicidarsi con le proprie mani per evitare una pena peggiore nell'aldilà.

SCIOPERO! Nelle sale del Museo ci sono altre "chicche", come il  "papiro dello sciopero", così chiamato perché racconta la ribellione degli operai egizi di Deir el-Medina, impiegati nei cantieri della Valle dei Re e della Valle delle Regine. «Gli operai erano pagati in generi alimentari, in proporzione a quanto era grande il loro nucleo familiare», racconta Fassone. «Sotto il faraone Ramses III (1187-1157 a.C.), le razioni ai lavoratori furono sospese per le difficoltà politiche ed economiche che stava attraversando il regno».

Il papiro, redatto da Amunnakht, lo scriba della tomba, racconta che gli operai interruppero una prima volta il proprio lavoro per protesta, trascorrendo diversi giorni nella necropoli tebana chiedendo che fossero distribuite le razioni di grano dovute per il lavoro svolto.

5 gennaio 2023 Vito Tartamella
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