Il Regno Unito è in lutto per la morte del Principe Filippo, duca di Edimburgo. Il marito di Elisabetta II aveva 99 anni: era nato il 10 giugno 1921 ed era sposato con la regina dal 20 novembre 1947. La coppia reale ha avuto quattro figli: Carlo, Anna, Andrea ed Edoardo. Il popolo inglese è profondamente legato alla Royal Family, baluardo della tradizione ma anche esempio di una Corona che ha saputo adeguarsi alla modernità attraverso ben 69 anni di regno: era infatti il 6 febbraio 1952 quando Elisabetta divenne regina del Regno Unito, ricorrenza che tuttavia la sovrana non ha mai festeggiato dato che la sua assunzione al trono coincise con la morte del padre, Re Giorgio VI.
Ma come si spiega il fascino che la monarchia britannica continua a esercitare sulla gente del suo Paese? Lo raccontiamo con God save the queen, articolo di Riccardo Michelucci pubblicato per la prima volta su Focus Storia 149 (aprile 2019).
God save the queen
Niente sembra poter scalfire il prestigio e la popolarità della Corona inglese. Nell'ultimo secolo è passata attraverso guerre, crisi istituzionali, scandali e divorzi mantenendo sempre intatto il suo fascino, sia in patria sia all'estero. Tra tutte le monarchie ancora al potere nel mondo, è forse l'unica che è riuscita ad adeguarsi alla modernità restando un baluardo della tradizione nazionale. «La forza dei reali britannici», spiega Sarah Gristwood, giornalista e storica inglese esperta di questioni riguardanti la monarchia del suo Paese, «è sempre stata quella di essere pronti a cambiare al momento opportuno, quando è la Storia a richiederlo». Basti ricordare il modo in cui la regina Elisabetta decise di partecipare alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi del 2012. Ovvero recitando a fianco dell'attore Daniel Craig, che indossava i panni di 007. Appena tre anni più tardi, quello di Elisabetta è diventato anche il regno più longevo dell'intera storia del Regno Unito.
Come ha fatto la monarchia britannica a conservare intatta la sua popolarità nel corso dei secoli?
Innanzitutto è stata capace di adattarsi ai cambiamenti delle singole epoche storiche. Nel XVII secolo due dei re Stuart cercarono di affermare il loro "diritto divino" a governare e finirono detronizzati, di fatto proprio per essersi rifiutati di accettare i tempi che cambiavano. Un secolo più tardi gli inglesi non sono stati toccati dalla Rivoluzione francese anche perché mai avrebbero accettato di adeguarsi a quello che stava accadendo in casa dei nemici di sempre.
Di certo non con la minaccia di Napoleone alle porte. Una rivoluzione durevole contro la monarchia non c'è stata neanche in seguito, perché nel Regno Unito si erano verificati sviluppi rivoluzionari prima di tutti gli altri Paesi. Uno su tutti, la rivoluzione di Cromwell nel Seicento, quando ancora i principali Stati europei non conoscevano alternative alla monarchia. L'esecuzione di Carlo I nel 1649 ha come "immunizzato" la Gran Bretagna contro ogni rivoluzione fino ai giorni nostri. Il Bill of Rights redatto dal parlamento nel 1689 ha poi iniziato a limitare severamente i poteri del re, che sono diminuiti gradualmente sotto la dinastia Hannover, durante la quale il Paese ha vissuto la definitiva transizione verso una monarchia costituzionale.
La monarchia ha ancora una rilevanza politica in questi anni?
No, direi che non ce l'ha più, perché Elisabetta regna ma di fatto non governa il Paese. D'altra parte, considerato l'attuale livello di impopolarità dei politici in Gran Bretagna e nel resto del mondo, avere un capo di Stato che è al di sopra dei partiti rappresenta senz'altro un vantaggio.
Come si spiega il fascino che la monarchia britannica continua a esercitare sulla gente del suo Paese?
In parte è dovuto alla soap opera della famiglia reale e al suo enorme aspetto glamour. In parte anche all'amore del popolo britannico nei confronti della Storia e della tradizione. Credo che i reali e il loro staff abbiano lavorato molto attentamente – e continuino a farlo – proprio per promuovere quel fascino. All'inizio del Ventesimo secolo la casa reale inglese ha capito che per farsi amare dalla gente doveva essere più vicina al popolo. Ad esempio, prima della Grande guerra i matrimoni reali erano sempre stati cerimonie private. L'usanza è cambiata a partire dall'ultimo secolo, quando sono diventati occasioni per accrescere il consenso nei confronti della Corona. Non dimenticherei, inoltre, che venticinque anni fa la regina Elisabetta ha anche scelto di contribuire ai conti dello Stato pagando volontariamente le tasse.
Crede che qualcosa potrà cambiare nella percezione della gente nei confronti della monarchia dopo la morte di Elisabetta?
Questo è l'interrogativo più grande, al quale credo che nessuno sia in grado di rispondere con certezza. Senza dubbio il principe Carlo non è popolare come sua madre o come ciascuno dei suoi figli. Ma negli ultimi anni è cresciuta la stima nei suoi confronti e alcuni suoi interessi, che un tempo sembravano eccentrici (ad esempio la preoccupazione per l'ambiente), hanno iniziato invece ad apparire lungimiranti, e il trauma causato dalla fine del matrimonio con Lady Diana ha iniziato ad affievolirsi.
Resta aperta la questione che riguarda Camilla, ovvero se la moglie di Carlo sarà o meno incoronata, e quali saranno i sentimenti del popolo nei suoi confronti. Ma alla fine credo che la morte della regina Elisabetta, dopo un regno così lungo, innescherà una tale ondata di cordoglio pubblico che il desiderio nazionale di fare quello che lei avrebbe voluto, e quindi sostenere i suoi discendenti, farà superare quel momento alla monarchia.
Pensa che in futuro l'Inghilterra diventerà una repubblica?
Lo escludo, almeno nel futuro più prossimo. Credo che avremo una monarchia ridimensionata nelle sue spese e meno costosa. D'altra parte stiamo già andando in quella direzione. Il principe Carlo ha fatto capire chiaramente che lui vuole che le prerogative e i privilegi della casa reale siano limitati alle figure nella linea diretta di successione al trono. Ma penso che la monarchia britannica, in qualche forma, sopravviverà ancora a lungo, forse addirittura per qualche altro secolo.
È in edicola il nuovo Focus Storia!