C'è voluta una nuova e scrupolosa analisi su una manciata di monete d'oro (per secoli ritenute false) per dimostrarne finalmente l'autenticità. Non solo: questa rivalutazione ha fornito la prova che il misterioso personaggio raffigurato su una di queste monete è realmente esistito. Ma andiamo con ordine.
Il prezioso bottino era stato rinvenuto attorno al 1713 in Transilvania e "archiviato" come un falso settecentesco: lo stile generale era sì quello delle monete romane della metà del III secolo d.C., ma c'erano alcune inusuali caratteristiche stilistiche. Inoltre, su alcune monete compariva il nome "Sponsiano", un imperatore mai sentito prima. Ora da una ricerca durata un anno e mezzo, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Plos One, è emerso che quelle monete risalgono davvero a uno dei momenti più turbolenti dell'Impero romano.
IN CIRCOLAZIONE. Per verificare la datazione e l'origine di queste monete conservate oggi all'Hunterian Museum di Glasgow (Scozia), i ricercatori dell'University College di Londra, guidati da Paul N. Pearson, hanno messo in campo i metodi più sofisticati: oltre ai microscopi ottici hanno utilizzato i raggi ultravioletti, la tecnica della microscopia elettronica a scansione (sistema che consente ingrandimenti di oltre 200mila volte, con una risoluzione di 5 nm) e anche la spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier, che consente studiare la chimica superficiale in vari tipi di materiali.
I risultati? Sulla superficie delle monete transilvane sono state rinvenuti i segni di micro-abrasioni tipiche dei soldi passati di mano in mano per un lungo periodo di tempo. Inoltre l'analisi chimica dei depositi di terra rinvenuti sulla superficie hanno dimostrato che, dopo una lunga circolazione, le monete rimasero sepolte a lungo prima di essere riportate alla luce. Insomma, la prova che non potevano essere l fantasiosa opera di falsari settecenteschi.
IN PIENA ANARCHIA. Incrociando i dati storici, i ricercatori hanno poi suggerito che Sponsiano, nominato su una di queste monete, fosse un comandante militare della Dacia (provincia romana che comprendeva i territori dell'attuale Romania, parte della Bulgaria e dell'Ungheria), uno dei tanti che combatterono durante un periodo di lotte militari nel 260 d.C. Siamo infatti nel bel mezzo di quella che gli storici definiscono "anarchia militare", un cinquantennio (235-284 d.C.) in cui si succedettero almeno una trentina di imperatori, quasi tutti morti violentemente e perlopiù portati al potere dai loro soldati. Regnarono spesso contemporaneamente e in conflitto tra di loro.
«Le nostre prove suggeriscono che egli governò la Dacia romana, un avamposto isolato specializzato nell'estrazione dell'oro, in un periodo in cui l'impero era assediato da guerre civili e le terre di confine erano saccheggiate dagli invasori», spiega Paul N.
Pearson, responsabile dello studio.