I giochi olimpici sono stati spesso occasione di boicottaggi e proteste a sfondo politico: l'attenzione mondiale, infatti, garantisce una visibilità pressoché unica. Come accadde il 16 ottobre 1968, sul podio di Città del Messico. Quel giorno gli americani Tommie Smith e John Carlos, rispettivamente medaglia d'oro (stabilendo il nuovo primato del mondo della distanza in 19"83, primo uomo a scendere sotto i 20 secondi) e di bronzo nei 200 metri piani, mentre suonava l'inno statunitense alzarono il pugno guantato di nero e abbassarono lo sguardo.
Il pugno della protesta. Il gesto era un simbolo del Black Power ("Potere nero"), parola d'ordine comune ai movimenti per l'emancipazione degli afroamericani, tra cui le Black Panthers. Era una silenziosa denuncia delle discriminazioni, del razzismo, che – nonostante la rimozione delle leggi segregazioniste – negli Usa continuavano.
Simboli. Gli atleti si erano presentati scalzi, ai piedi solo calze nere a simboleggiare la povertà in cui versavano gli afroamericani d'America. Al collo Carlos indossava una collana di perle, a rappresentare le pietre usate nei linciaggi dei neri.
Curiosità. Nella concitazione del momento John Carlos aveva dimenticato i guanti, così Tommie Smith gliene prestò uno dei suoi: ecco perché i due alzarono braccia diverse.
Gesto incompreso. Alla protesta si unì, indossando come loro una spilla in difesa dei diritti umani, il secondo classificato, l'australiano Peter Norman: quando morì, nel 2006, i due ex compagni di podio ne portarono il feretro. Ma molti altri non gradirono. Come l'ostacolista e campione olimpionico afroamericano Willie Davenport, che commentò: "Sono venuto per vincere una medaglia d'oro, non per parlare del Black Power".
Squalificati. Smith e Carlos furono esclusi dalle gare successive (la XIX Olimpiade era solo alla quarta giornata) e banditi dal villaggio olimpico. Ma con il passare del tempo quel gesto fu rivalutato per la sua composta fermezza: i due in seguito collaborarono con il team americano di atletica e nel 2005 quell'immagine, diventata un simbolo degli anni Sessanta, divenne una statua nel campus dell'Università di San José (California).