Eugenetica, sterilizzazioni forzate, assassinii di massa mascherati da "eutanasia": questi sono solo alcuni dei più terribili crimini commessi dai nazisti tra gli anni Trenta e la fine del secondo conflitto mondiale. In ambito sanitario, il regime hitleriano si macchiò di atrocità indicibili, ma sarebbe un errore pensare che queste violenze siano state portate avanti solo da una esigua minoranza. Un nuovo studio pubblicato su The Lancet racconta infatti una storia molto diversa (e inquietante) sull'operato dei medici in quel periodo.
Compromessi. La ricerca è partita dall'iniziativa di Richard Horton, redattore capo della prestigiosa rivista medica inglese, che ha creato una commissione formata da venti ricercatori di varie università internazionali, con il compito di studiare la relazione tra medicina, nazismo e Olocausto attraverso un rigoroso esame delle fonti storiche. Questo gruppo di ricercatori ha stilato un documento nel quale viene messo in luce il ruolo svolto dagli operatori sanitari nel formulare, sostenere e attuare le politiche genocide della dittatura nazista.
Adesione di massa. I numeri emersi sono eloquenti e sottolineano come una buona parte dei professionisti sanitari dell'epoca fosse connivente con il regime: nel 1945, i medici tedeschi (non ebrei) iscritti al partito erano tra il 50% e il 65% del totale, una percentuale molto più alta rispetto a quella di tutte le altre principali professioni accademiche.
Falsi miti. Esaminando i documenti dell'epoca, la Commissione ha sconfessato una serie di luoghi comuni, primo tra tutti quello secondo cui gli unici responsabili dei crimini medici siano stati pochi "estremisti" (come Josef Mengele ad Auschwitz), o dottori costretti con la forza a violare elementari norme etiche. In realtà, molti di loro accettarono senza troppe proteste il nuovo "codice di condotta" del nazismo, sviluppato in modo da avanzare un programma razzista a favore degli "ariani" a scapito di etnie o categorie considerate inferiori (tra cui ebrei, rom, omosessuali o persone affette da disabilità) contro le quali venivano promosse pratiche come eutanasia, sterilizzazioni e brutali esperimenti che le trasformavano, di fatto, in cavie umane.
Il prezzo della scienza. I corpi delle vittime venivano usati per la ricerca e l'insegnamento, e anche decenni dopo la guerra alcuni resti vennero talvolta conservati in collezioni scientifiche. Stando allo studio di The Lancet, l'assenza totale di moralità non impedì alla ricerca nazista di compiere progressi significativi, tanto che la comprensione odierna di diverse materie, dall'ipotermia agli effetti del consumo di tabacco e alcol, si devono all'opera compiuta all'epoca dagli scienziati nazisti.
Etica. L'obiettivo degli studiosi è quello di evidenziare la necessità di coniugare etica professionale e ricerca scientifica. L'idea è che fornire risorse e informazioni su quel periodo storico alle odierne scuole di medicina, agli istituti di ricerca e alle associazioni che operano nel settore, in tutto il mondo, li renderà maggiormente consapevoli della loro responsabilità nei confronti delle prossime generazioni.