Si è sempre ritenuto che le impronte di mani fatte con il colore, ritrovate sulle pareti delle grotte, non fossero un gioco: l'uomo preistorico usava lasciarle durante i suoi rituali. Ora, però, uno studio chiarisce il mistero delle "dita mancanti" in queste impronte.
Sono stati prese in esame circa 300 orme preistoriche di mani provenienti da siti spagnoli e francesi, dove mancano alcune falangi di una o più dita. I ricercatori Mark Collard e Brea McCauley, della Simon Fraser University (SFU), sono arrivati alla conclusione che queste orme mutilate siano il risultato di amputazioni rituali. In alcuni casi manca una delle tre falangi del dito, mentre in altri più falangi anche di diverse dita.
Nessun trucco. La questione era da tempo dibattuta perché gli umani, allora come oggi, fanno molto affidamento sulle mani ed è difficile pensare che così tanti individui avessero perso accidentalmente delle dita nelle loro attività quotidiane. Ecco perché molti archeologi avevano pensato a rappresentazioni intenzionali.
In genere le orme sono stampi (tipo stencil) che venivano lasciati soffiando ocra o polvere di carbone di legna mediante un osso cavo sul dorso della mano con il palmo tenuto contro la roccia. Sarebbe bastato piegare una o più dita per simularne la mancanza. I più possibilisti, rispetto a una reale perdita di dita, avevano pensato a frequenti congelamenti.
rituali violenti. Invece Collard e McCauley hanno osservato che l'amputazione rituale è diffusa nella nostra specie: riguarda oltre un centinaio di culture sin dall'antichità. E le motivazioni che inducevano le antiche civiltà a praticare amputazioni sono applicabili anche all'uomo preistorico. In conclusione gli studiosi ritengono che molte immagini di mani sulle pareti delle rocce, in particolare del Gravettiano (29 mila-20 mila anni fa), siano la prova di riti sacrificali per ottenere aiuto da un'entità o un potere superiore, in linea con l'animismo che caratterizzava le prime forme religiose.
Amputazioni diffuse. In risposta alle possibili critiche a questa conclusione, in particolare da coloro che sostengono le cause incidentali della perdita del medio e dell'anulare durante la tarda era glaciale, rispetto a quella del mignolo che viene più comunemente tagliato ritualmente nelle culture storiche, i ricercatori della FSU hanno condotto ulteriori osservazioni.
Nelle grotte di Gargas, alti Pirenei francesi, sono state censite 231 impronte di mani, realizzate da circa 45-50 individui. Di queste, 114 mancano di una o più falangi delle dita.
Nella grotta di Cosquer, sempre in Francia, 28 su 49 mancano di alcune falangi. E a Maltravieso, nella Spagna occidentale, è lo stesso per 61 delle 71 figure di mani.
Alle origini della religione. Molto prima degli studi di Collard e MacCauly, nel libro La creazione del Sacro (Adelphi 2003), Walter Burket ha affrontato le origini " biologiche" dei sacrifici umani. Il taglio di dita e altre usanze sacrificali avrebbero delle analogie in natura che l'uomo ha elaborato nella sua visione simbolica e rituale. Per esempio, quando un predatore in natura attacca un gruppo di erbivori, si assiste al "sacrificio" di un suo componente che libera gli altri dal pericolo. O anche, appare significativa al riguardo l'autotomia, il processo per cui alcuni animali riescono a mutilare parte del proprio corpo. Il caso più noto è la perdita volontaria della coda della lucertola, quando sacrifica una parte di sé per salvarsi se sta venendo catturata. L'uomo del Gravettiano, viveva in una "selva di pericoli". Occorreva un gesto magico-religioso per restare vivi.