Una collezione sconosciuta di documenti appartenuti ad Alan Turing è stata ritrovata casualmente nell'armadio di uno sgabuzzino dell'Università di Manchester. Il plico, rimasto per oltre 30 anni in una semplice cartelletta rossa, contiene 148 lettere scritte e ricevute dal matematico britannico tra l'inizio del 1949 e il 1954, anno della sua morte.
Contiene pochissime informazioni sulla macchina usata per decodificare i codici creati da Enigma, lo strumento impiegato dai nazisti per trasmettere messaggi cifrati (che all'epoca era ancora un progetto top secret), e altrettanto pochi dettagli sulla vita privata dello scienziato, arrestato per omosessualità nel 1952 e costretto alla castrazione chimica - una parabola in picchiata che l'avrebbe condotto al suicidio, due anni dopo.
Ritratto. In compenso la corrispondenza racconta le trame della vita lavorativa quotidiana di un accademico di fama mondiale, invitato a conferenze e dissertazioni in tutto il mondo, interpellato da altri professori e da studenti per consigli in merito a problemi matematici, e in contatto con l'intelligence britannica: una delle lettere proviene dall'uomo che all'epoca dirigeva il Quartier generale del Governo per le comunicazioni inglese (GCHQ), l'agenzia governativa impegnata in attività di sicurezza e spionaggio.
Diretto. Altre lettere esprimono in modo netto alcune sue convinzioni: invitato negli USA per una conferenza sulla cibernetica, nell'aprile 1953, scrisse «non mi godrei il viaggio, detesto l'America».
Il plico è stato rinvenuto a maggio di quest'anno dall'ingegnere informatico di Manchester Jim Miles, ma ora è stato catalogato, archiviato e reso disponibile per la consultazione online (a questo link).