Chi non perde una puntata della serie televisiva Doctor House lo sa benissimo: la diagnosi di una malattia può assomigliare più al lavoro di un detective che a quello di un medico. I progressi della medicina hanno reso il lavoro dei dottori più facile, ma la comparsa di nuove malattie e virus ha ingarbugliato il processo diagnostico che in certi casi si è trasformato in una ricerca di indizi e prove tutta logica e genialità che ha più a che vedere con Sherlock Holmes che con il dottor Kildare.
Quali sono le malattie più difficili da diagnosticare? Il settimanale statunitense Newsweek ha stillato una classifica, individuando 9 patologie che sono più difficili da diagnosticare. Eccole in questo speciale fotografico.
La malattia di Lyme è un’infezione causata da un batterio, Borrelia burgdorferi, trasmesso dalla zecca Ixodes ricinus, parassita di piccoli roditori, cervi, cani e occasionalmente dell’uomo. Non tutte le punture di zecca inoculano la borrelia, ma è un rischio che bisogna considerare. I sintomi iniziali assomigliano a quelli di una banale influenza: febbre, mal di testa e ingrossamento delle ghiandole linfatiche. In altri casi la malattia ha gli stessi sintomi della sclerosi multipla o dell'Alzheimer. E questo depista medici e pazienti.
Tipico della malattia è l’eritema cronico migrante, ovvero macchie rosse sulla pelle che si spostano qui e là, che però può anche non comparire.
Se presa in tempo, si cura facilmente con specifici antibiotici. Se non viene diagnosticata, o trascurata, può procurare però danni gravi al sistema nervoso e alle articolazioni.
I primi segni della sclerosi multipla possono assomigliare a quelli di moltissime altre patologie neurologiche, dalla debolezza muscolare alla fatica fino ai problemi alla vescica. Inoltre può comparire gradualmente o "a episodi", con fasi di ricaduta e remissione.
La causa della sclerosi multipla – che fu descritta per la prima volta a metà del 1800 – è ancora ignota; si pensa che possano avere un ruolo nel determinarsi della malattia fattori immunologici, ambientali e predisposizione genetica.
Il meccanismo della malattia non è ancora del tutto chiaro, ma ha i contorni di un dramma interno al corpo umano: il sistema immunitario (o meglio alcune sue cellule) entra in guerra contro il suo stesso organismo. I linfociti T attaccano per errore la guaina che ricopre i nervi, la mielina, nel più famelico dei modi: divorandola e provocando lesioni a placche. La mielina è come la copertura isolante dei cavi elettrici. Se viene rosicchiata i fili rimangono scoperti e la trasmissione degli impulsi elettrici dal cervello alle altre parti del corpo è ostacolata o s'interrompe del tutto.
Per chi ne è colpito equivale a un progressivo processo di paralisi.
Scoperta nel 1988, la sindrome da stanchezza cronica potrebbe interessare in Italia circa 300 mila persone, soprattutto giovani e donne.
È una malattia subdola: è come se il nostro corpo avesse un'eterna influenza: il sistema immunitario sta sempre in funzione, e si estenua.
La sindrome, così come è stata definita dai Centers for Diseases Control di Atlanta nel 1994, è caratterizzata da stanchezza (che dura da più di sei mesi e non è alleviata dal riposo) associata a quattro o più sintomi fra i quali: disturbi della memoria, dolori muscolari, mal di testa, sonno non ristoratore, dolore ai linfonodi, faringite. Non esistono test diagnostici, nonostante i pazienti presentino segni di anomalie immunologiche, neurologiche e endocrinologiche.
Ed è una patologia che può essere molto debilitante e non ha ancora trovato una cura. Per questo si cerca la causa. Ma anche qui ci sono molte teorie, dalle infezioni da nano batteri (la cui esistenza, peraltro, non è ancora chiara) alle reazioni autoimmuni dopo le infezioni. Uno studio pubblicato ad agosto 2010 dimostra un collegamento tra la sindrome e un tipo di retrovirus chiamati XMRV. È il secondo studio che conferma questo risultato e aggiungerebbe un tassello importante al puzzle di questa malattia.
Dolori muscolari, ipersensibilità del dolore al tatto e stanchezza: sono alcuni sintomi della fibromialgia.
È una patologia molto controversa, come la sindrome da stanchezza cronica: alcuni esperti danno la colpa a cause biologiche, altri la considerano un disturbo psicologico, e poi infine ci sono quelli che ritengono che sia scatenata da fattori fisici e psicologici insieme. Insomma, uno dei casi più complessi.
Entrambe le malattie rientrano nella categoria delle "sindromi clinicamente inspiegabili": i sintomi sono reali, ma non c'è consenso sulle cause che lo scatenano. E non esistono cure.
Si tratta di una delle patologie più debilitanti conosciute.
Arrivati a una certa età, la prostata incomincia a dare problemi. Infatti, circa un uomo su dieci soffre di prostatite, una forma di infiammazione della prostata. Nella maggior parte dei casi, si parla del 90 – 95%, si tratta di cause ignote non riconducibili a batteri.
La patologia dà diversi sintomi: dolori pelvici, rettali, dolori addominali, stanchezza e induce a orinare più di frequente. Per molto tempo i medici hanno pensato che la prostatite fosse causata dalla persistenza di alcune infezioni batteriche e ricorrevano spesso a terapie a base di antibiotici per contrastarle.
Questa strada è stata ormai abbandonata. Non c’è una cura per la patologia, dunque ai pazienti vengono offerte terapie palliative e nei casi estremi vengono sottoposti a interventi chirurgici per la rimozione dell’area infiammata.
Per secoli è stata la malattia venerea più diffusa e difficilmente diagnosticabile.
Nei suoi ultimi stadi, la sifilide presenta i sintomi di molte altre patologie ed era dunque difficile da identificare con certezza.
È tra le infezioni sessualmente trasmesse più pericolose (approfondisci sintomi e cure delle infezioni sessualmente trasmesse e scopri nel nostro test se sai quali rischi corri e come proteggerti) e, se non trattata, può portare a gravi danni al cuore e al sistema nervoso.
Oggi la sifilide può essere identificata con alcuni semplici test di laboratorio e può essere curata con la penicillina. Ma è fondamentale non contrarla perché i danni provocati dal batterio che la causa sono permanenti.
Le malattie autoimmuni sono causate da un "ammutinamento" del sistema immunitario che si rivolta contro gli organi che dovrebbe difendere. Sono in costante crescita e se ne contano ormai oltre 80. Tra queste il lupus eritematoso sistemico. Non esistono cure, non si capisce la causa (anche qui le teorie più accreditate fanno risalire la malattia ai retrovirus).
Non è una malattia facile da diagnosticare e i primi sintomi traggono spesso in inganno: affaticamento, dolori in diversi punti del corpo, deficit cognitivi.
Nel 50% dei casi la malattia può essere identificata grazie a un “eritema a farfalla” che compare sul volto tra zigomi e naso. Nei restanti casi diagnosticare la patologia è molto complicato e richiede numerosi test clinici per esclusione.
Al di fuori degli ambiti accademici, in tv o sui giornali, se ne parla sempre meno,. Ma l'AIDS è un problema tutt'altro che risolto. Oltre il 95% dei nuovi casi è nei Paesi in via di sviluppo e l'HIV, il virus che la causa, colpisce oltre 33 milioni di persone nel mondo (dati 2008).
Per lungo tempo l’AIDS è stata però un vero mistero clinico, finché non se ne capì l'origine virale.
Non esiste cura, ma i farmaci consentono di rallentare la malattia che porta in genere al decesso dei pazienti. Da anni si spera di trovare un vaccino per debellare definitivamente l’AIDS.
Si stima che questa malattia abbia ucciso centinaia di migliaia di donne dopo il parto tra il XVIII e il XIX secolo. Tra il 1831 e il 1843 nel Maternity hospital di Londra morivano 600 donne ogni 10 mila partorienti, mentre nella Royal maternity charity, dove le donne erano seguite da ostetriche e non da medici, ne morivano solo 10.
Lo stesso fenomeno si verificava all’ospedale di Vienna. Qui lavorava il giovane medico ungherese Ignác Fülöp Semmelweis, che fu colpito dallo strano fenomeno. Nel 1846, su 4 mila puerpere ricoverate nel padiglione 1, affidato alle cure dei medici, la febbre puerperale ne aveva uccise 459 (l’11%); nel padiglione accanto, dove operavano solo ostetriche, la mortalità era invece dell’1%. Semmelweis ipotizzò che la febbre puerperale fosse dovuta a un’infezione che i medici trasferivano dai cadaveri, sui quali conducevano autopsie, alle donne che assistevano durante il parto. Impose a tutti di lavarsi le mani con cloruro di calcio (un potente disinfettante) prima di avvicinarsi ai letti della maternità: la mortalità scese subito, al 5% nel 1847 e all’1% nel 1849.
Nemo propheta in patria. In compenso, Semmelweis fu licenziato per aver dato disposizioni senza averne facoltà. Dopo essere passato all’ospedale di San Rocco a Pest (Ungheria) e aver ridotto anche qui, con lo stesso metodo, la mortalità sotto l’1%, fu vilipeso dalla scienza ufficiale e finì in manicomio, dove morì nel 1865 per le percosse dei guardiani. Forse questo spiega perché per registrare una riduzione della mortalità da parto si dovette aspettare il 1937, quando, come aveva anticipato Semmelweis, i medici di tutto il mondo capirono che bisognava disinfettarsi le mani.