L'Australopithecus sediba, un papabile lontano antenato del genere umano vissuto in Africa meridionale 2 milioni di anni fa, non aveva mascelle e dentatura adatte a una dieta a base di cibi duri, come semi o frutta con guscio.
La scoperta dell'Università del Witwatersrand (Sudafrica), pubblicata l'8 febbraio su Nature Communications, servirà a capire come la dieta e la disponibilità di cibo abbiano favorito l'evoluzione del genere Homo e, con essa, l'ascesa dei sapiens.
Di bocca buona. I primi resti di Australopithecus sediba furono rinvenuti nel 2008 in una grotta di Malapa, a 40 km da Johannesburg, Sudafrica. Sin dalla sua scoperta, questa specie fu ritenuta una sorta di transizione tra gli australopitechi e i primi rappresentanti del genere Homo. Nel 2012, una ricerca sulle abrasioni trovate sui denti di due esemplari di A. sediba suggerì che questi ominidi avessero una dieta che includeva cibi duri, cortecce, frutta e altri prodotti vegetali.
Ad alto rischio. Ora un test biomeccanico eseguito su un modello computerizzato di cranio di sediba (non molto diverso dai crash test virtuali usati per auto e aeroplani) sembra smentire questa ipotesi: può essere che salturiamente questi ominidi si nutrissero di semi e frutta con guscio, ma il loro cranio non si adattò a questo menù.
Se avessero imposto sui molari tutta la forza dei muscoli coinvolti nella masticazione, la loro mascella si sarebbe dislocata. Gli alimenti essenziali per la loro sopravvivenza dovevano quindi essere accessibili anche senza eccessivi sforzi masticatori.
Qualcosa in comune. La scoperta non riguarda soltanto l'alimentazione di questi antenati africani. La maggior parte degli australopitechi ad oggi rinvenuti, presenta infatti adattamenti di denti e mascelle che permettevano di nutrirsi anche di cibi molto duri.
A quanto pare, non i sediba; o perlomeno, questa loro dote non fu selezionata dall'evoluzione per divenire un adattamento sistematico. Un dato interessante, visto che anche l'uomo presenta limitazioni nella masticazione di cibi molto duri, una caratteristica che dovevano avere anche i primi rappresentanti del nostro genere.
Strade diverse. «Questo significa che mentre alcune popolazioni di australopitechi evolvevano adattamenti per massimizzare la loro abilità nel masticare cibi duri, altri (incluso l'A. sediba) si stavano evolvendo nell'opposta direzione» spiega Justin Ledogar, tra gli autori. Alcuni di questi finirono per dare origine al genere Homo. «La dieta dovette quindi giocare un ruolo chiave nell'origine dell'uomo».
Lo studio non costituisce una prova diretta della parentela tra A. sediba e primi rappresentanti del genere Homo.
Ma dimostra l'importanza che i cambiamenti nell'alimentazione rivestirono nel determinare le prime tappe evolutive del genere umano.