Il 2 giugno, oltre alla nascita della nostra repubblica, si ricorda anche un altro evento: il 2 giugno del 1882 moriva a 75 anni, nella sua casa di Caprera, Giuseppe Garibaldi, che con l'impresa dei Mille aveva avviato il processo dell'unità d'Italia. Si era ritirato sull'isola dell'arcipelago sardo della Maddalena dopo l'unica, vera sconfitta della sua lunga epopea militare, nella battaglia di Mentana (Lazio, 1867) contro i francesi e le truppe pontificie.
Nella sua vita Garibaldi era stato un marinaio sulle rotte del Mediterraneo, un bandito nelle pianure e sui fiumi sudamericani, un capopopolo e un rivoluzionario in un Paese ancora da costruire, un leader militare difficilmente eguagliabile sia per i successi sia per l'estrema efficienza, un deputato del nuovo Regno d'Italia, un idolo delle folle, amato dalle donne come un latin lover. Era stato l'eroe dei due mondi, popolare e scomodo, messo da parte ogni volta, dopo aver compiuto la missione, da Cavour, dal re Vittorio Emanuele II, dal parlamento.
Era partito da Nizza per liberare Roma e dare una capitale al Paese. Ci provò più volte senza riuscirci, e quando infine Roma fu presa, nel 1870, lui non c'era: stava invece per essere arrestato, come un bandito. D'altra parte era stato costretto a fuggire in più di un'occasione: verso l'America del Sud; verso Londra, dove era stato accolto come un divo; in esilio a New York; nella sua casa-rifugio di Caprera, dove infine visse in assoluta semplicità fino alla sua morte.
«Garibaldi passò nell'isoletta ospitale, nel consorzio di quei poveri e semplici pescatori, i giorni forse più riposati e tranquilli della sua vita procellosa», scriveva il garibaldino Giuseppe Guerzoni: «viveva di nulla, passava la giornata alla caccia e alla pesca, imparando a memoria tutte le calanche e tutte le macchie delle isole circonvicine.»