Archi e frecce, canoe, aratri, la ruota. La storia dei sapiens è costellata di innovazioni tecnologiche che ci hanno permesso di adattarci alle condizioni più difficili, e che sono spesse considerate come il frutto della nostra spiccata - e inarrivabile - intelligenza. È davvero così?
Secondo uno studio pubblicato su Nature Human Behaviour, per spiegare queste rivoluzioni tecnologiche sono sufficienti i piccoli frammenti di sapere conquistati e trasmessi di generazione in generazione. In altre parole, la trasmissione culturale basta, da sola, a spiegare la comparsa di tecnologie complesse - anche se chi le introduce non ne comprende appieno funzionamento e potenziale.
Generazioni. I ricercatori dell'Università di Exeter (Regno Unito) e dell'Università Cattolica di Lille (Francia) sono arrivati a questa conclusione ricreando un esempio di trasmissione culturale in laboratorio. Hanno chiesto a 14 "catene" di volontari, ciascuna composta da 5 studenti che lavoravano in progressione per simulare la successione delle generazioni, di risolvere un problema ingegneristico: a nessuno veniva spiegato come fare, ma ciascuno poteva osservare chi lo precedeva, e assimilarne le tattiche.
I vari gruppi dovevano ottimizzare la discesa di una ruota lungo un percorso, avvicinando o allontanando una serie di pesi dai suoi raggi. In tutti i test, la velocità di discesa della ruota è aumentata con il tempo, non così la comprensione del meccanismo: quando ai partecipanti è stato chiesto di spiegare quale disposizione dei pesi facilitasse il movimento, le ultime "generazioni" - quelle in coda alla catena - non sembravano più preparate di quelle che le precedevano.
Il potere dell'acculturazione. Le cose non sono cambiate quando, oltre a osservare chi li precedeva, i partecipanti hanno potuto anche leggere, e poi scrivere a loro volta, una spiegazione del procedimento. I progressi sono andati alla stessa velocità del test precedente, mentre il "know-how" non è aumentato.
Lo studio aiuta a spiegare la comparsa di tecnologie anche molto complesse in società primitive, non istruite, dove la comprensione teorica di quelle innovazioni è minima. «L'intelligenza è senza dubbio importante per l'adattamento umano», spiega Rob Boyd, tra gli autori dei test, «tuttavia non basta. È la nostra abilità, assolutamente unica, di imparare l'uno dall'altro a rendere possibile l'accumulo culturale di incredibili adattamenti, che nel migliore dei casi sono compresi solo in parte. Questa capacità ha permesso alla nostra specie di adattarsi e diffondersi.»