Storia

La Shoah dei bambini

Furono un milione e mezzo i bambini uccisi dal nazifascismo. Alcuni di loro, come Liliana Segre, si sono salvati e sono diventati testimoni dell'orrore.

Ebrei, zingari, slavi, disabili: i bambini "indesiderabili" rimasti vittime del III Reich furono almeno un milione e mezzo. Molti morirono nei campi di sterminio, altri nei lager, molti ancora nei ghetti dove la fame e il tifo decimarono migliaia di persone. Chi si salvò, come Elie Wiesel o Liliana Segre - appena nominata senatrice della Repubblica - diventati adulti hanno raccontato e testimoniato l'orrore a cui hanno assistito.

Le condizioni dei bambini non ariani nella Germania nazista si fecero critiche fin dal 1933, quando Hitler salì al potere, ma peggiorarono drasticamente due anni dopo, con la promulgazione delle prime leggi razziali (leggi di Norimberga), copiate poi in Italia anche da Benito Mussolini.

Sinagoga di Monaco distrutta durante la Notte dei cristalli. I morti nella notte dei cristalli furono circa 1300. 30.000 persone finirono nei campi di concentramento (rilasciati i mesi successivi) e di loro ne morirono 700.

Le norme avevano l'obiettivo di arianizzare la società, cominciando proprio dai più piccoli. I bambini "impuri" vennero espulsi dalle scuole, dalle attività sportive e da quelle ricreative, additati come elementi estranei alla società.

In Italia furono più di 4.000 i bambini delle elementari allontanati dalle scuole pubbliche del Regno d'Italia perché ebrei.

In Germania le cose precipitarono con la "notte dei cristalli" (1938) quando per alcuni giorni i negozi, le sinagoghe e le case degli ebrei vennero distrutte in modo scientifico e sistematico, su impulso del ministro della propaganda Goebbels.

Dopo la "notte dei cristalli" in Inghilterra nacque il progetto kindertransport che fece arrivare nel Regno Unito quasi 10.000 bambini provenienti dalla Germania nazista e dai territori occupati di Austria, Cecoslovacchia e Danzica. Nella foto l'arrivo di alcuni bambini rifugiati ebrei al porto di Londra (1939).

prima i disabili... Con lo scoppio della guerra (1939) la situazione si aggravò ulteriormente. I primi bambini a pagarne lo scotto furono i minori disabili ("ariani" e non) eliminati nel programma di eutanasia Aktion T4, pianificato per purificare la razza: costò la vita a quasi 7.000 minori "non perfetti" e in varia misura affetti da malattie genetiche o mentali.

shoah in ebraico significa desolazione, catastrofe, disastro

Nel frattempo in tutta l'Europa orientale gli ebrei vennero segregati nei ghetti. Il più famoso è quello di Varsavia, in Polonia: 400.000 ebrei (di cui 100.000 bambini) chiusi in un'area di 3,4 km quadrati. In ogni stanza vivevano in media 7 persone.

J.Korczak, pedagogista ebreo confinato nel ghetto di Varsavia, morto per non abbandonare i bambini del suo orfanatrofio durante il trasferimento al campo di sterminio di Treblinka.

Il cibo scarseggiava, le malattie dilagavano, la pressione psicologica era alle stelle: nel giro di qualche mese dalla sua apertura (1940) si iniziarono a contare i morti per denutrizione e tifo.

In questo inferno in terra ci furono anche storie di disperata umanità. Come quella del professor Korczak, pedagogo e medico polacco che nel ghetto di Varsavia per due anni guidò un orfanatrofio con 200 bambini. Nonostante le condizioni fossero disperate, garantì loro una vita dignitosa. E li accompagnò fino alla morte quando nel 1942 vennero tutti deportati al campo di sterminio di Treblinka.

Poster per la rappresentazione di Brundibár (opera per bambini di un compositore ceco) a Terezín (1943).

il caso Terezin. La sola anomalia (apparente) fu il ghetto di Terezin (a 60 km da Praga).

La propaganda lo concepì come un luogo riservato agli ebrei famosi tanto che nel 1944 lo aprì per l'ispezione della Croce Rossa e lo presentò come "il modello" nazista di insediamento per gli ebrei.

Chi fu rinchiuso qui - perlopiù artisti e intellettuali - ebbe una discreta vita culturale, poteva accedere a una biblioteca e i bambini potevano frequentare le scuole autogestite con lezioni quotidiane. Furono molti (15.000) i bambini di Terezin e sono diventati famosi per le testimonianze ritrovate dopo la guerra: poesie e disegni che raccontano la vita nel lager vista con gli occhi di bambini di 5 o 6 anni. Quasi nessuno di loro si salvò: il 90% dei bambini dal 1942 in poi finì nei campi di sterminio.

Gruppo di zingare in una città tedesca rastrellati per essere deportati. Nei campi di concentramento i bambini e le bambine con più di 12 anni venivano sterlizzate.

L'inferno. Arrivati ai campi di sterminio i bambini sotto i 13 anni che non erano in grado di lavorare, venivano direttamente gassati. E, chi non finiva nelle camere a gas, ucciso con il famigerato Zyklon B, era usato come cavia per esperimenti pseudo scientifici e inviato ad Auschwitz-Birkenau o in altri laboratori della Germania.

Sono tristemente famosi gli esperimenti del dottor Mengele, che ad Auschwitz selezionò un gruppo di bambini (circa 3.000, soprattutto gemelli) come cavie per i suoi studi: ne sopravvissero 200. Anche alcuni bambini di Terezín, nel luglio del 1944, furono selezionati per gli esperimenti.

Bambini liberati ad Auschwitz con l'arrivo dell'Armata Rossa.

Il miracolo di Buchenwald. Nel campo di concentramento di Buchenwald avvenne invece un miracolo. Qui 904 bambini si salvarono grazie alla solidarietà di alcuni prigionieri, che li protessero fino al giorno della liberazione. Molti dei kapò erano stati infatti reclutati tra i prigionieri politici comunisti e questo favorì la solidarietà a favore dei minori.

Finita la guerra i bambini vittime dell'Olocausto erano un milione e mezzo (circa un milione erano ebrei). Ci furono (rari) casi di bambini ebrei che riuscirono a sfuggire al loro tragico destino di morte trovando rifugi di fortuna o vivendo con una falsa identità in orfanatrofi o in istituti religiosi compiacenti. Altri si salvarono dallo sterminio uscendo illesi dai lager. Tra i piccoli sopravvisuti molti hanno raccontato il loro personale orrore quotidiano e ben 5 di loro sono diventati premi Nobel.

dai lager al Nobel. È il caso del fisico teorico belga François Englert (Nobel per la fisica nel 2013), sopravvissuto negli anni della guerra con una falsa identità in un orfanatrofio; del chimico e scrittore Roald Hoffmann (Nobel per la chimica nel 1981), che riuscì a fuggire con la madre da un campo di concentramento nel 1939; dello psicologo Daniel Kahneman (Nobel per l'economia nel 2002), che visse in clandestinità fino al 1945; dello scrittore Imre Kertész (Nobel per la letteratura nel 2002), fu deportato quindicenne ad Auschwitz e poi trasferito a Buchenwald, dove fu liberato nel 1945.

E come Elie Wiesel scrittore e premio Nobel per la pace 1986, che nel suo libro La notte raccontò la sua personale esperienza di superstite.

"Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. (...) Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai".

27 gennaio 2018 Giuliana Rotondi
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