Storia

La rivoluzione cubana: sogno infranto o nascita di un regime?

La rivoluzione cubana fu un capitolo della guerra fredda o un sogno di libertà infrantosi? Ne parlano in due interviste a confronto.

Maurizio Chierici, storico inviato speciale del Corriere della Sera, è un esperto di politica internazionale e negli anni ha seguito l'evoluzione di Cuba e del suo governo. Ecco l'intervista integrale realizzata in occasione del numero di Focus Storia dedicato all'isola dei Caraibi.

La rivoluzione cubana sarà ricordata nei libri di storia solo come un capitolo della guerra fredda o qualcosa di più?

Quali sono gli atti più gravi del regime castrista e i punti di forza del suo sistema: quali sono state le conquiste sociali più rilevanti?

E in cosa si è distinta dalle altre rivoluzioni socialiste?

Quella cubana non è nata come rivoluzione socialista, ma come rivoluzione liberale, di stampo nazionalista. Castro apparteneva al partito ortodosso che oggi chiameremmo liberal, riformista. Quando arrivò all’Avana, su Bohemia, giornale storico della città, uscì con un corsivo in cui spiegava perché i guerriglieri non sarebbero mai stati comunisti. Poche pagine dopo compariva un’immagne della madre e della sorella di Castro che pregavano la Madonna della carità del Cobre, ringraziandola per il ritorno a casa dei figli: segnali che confermano una distanza significativa dal comunismo. Il socialismo è arrivato solo in un secondo momento, come conseguenza di una strategia politica americana miope che ha spinto Cuba tra del braccia dell’Unione sovietica.

Quanto ha pesato la politica statunitense?

Gli americano hanno fatto un errore grave: si convinsero di poter far cadere Cuba in sei mesi. Non a caso hanno chiesto alla borghesia di Batista di andare a Miami, promettendo loro di tornare in brevi tempi, cosa mai avvenuta. Furono loro a provocare con l’embargo economico e una politica di ostilità, l’isolazionismo di Cuba: la strategia fu tragica, perché permise ai sovietici di guadagnare terreno, presentandosi opportunisticamente come i difensori di un’isola assediata.

Oggi una figura come Fidel Castro gode ancora di carisma? E una figura come quella di Che Guevara?

Fidel ha carisma tra la popolazione, in gran parte nata quando lui era al potere, quindi mediaticamente condizionata. Ma per chi non ha subito la propaganda del regime, Castro appare per quello che è: un politico con scarse capacità comunicative, autore di discorsi interminabili e noiosissimi. La giornalista Rossana Rossanda che andò a Cuba nel 1963, lo conobbe da vicino e lo descrisse come un nazionalista con una cultura scarsa. Diverso il caso di Che Guevara che morì giovane combattendo per gli altri come un apolide idealista: tutti elementi che l’hanno fatto entrare nel mito, facendo passare in secondo piano i suoi errori politici.

Com’è cambiato negli anni lo stato dell’informazione a Cuba?

Televisioni, stampa e radio, ripetono tutte, parola per parola, ciò che vuole il regime. Questo crea un clima surreale tra l’opinione pubblica che è non è messa nelle condizioni di potersi fare un’opinione. A Cuba è difficile avere un cellulare, una stampante e un computer: tutti beni di lusso, che spaventano il regime. L’elenco del telefono di 15 anni fa dell’Avana era di 80 pagine. Ancora oggi i computer hanno un prezzo molto elevato, sono per pochi e le linee vengono controllate. Le aperture ci sono, ma sono ancora minime.

Cosa sarà di Cuba ora che al governo c’è Raúl Castro e in America è stato eletto Obama?

La generazione dei 50enni vuole un futuro diverso dal loro passato. Ci sono figure come Felipe Pérez Roque che guidano cambiamenti che lasciano intravedere cambiamenti positivi. Se non in questo mandato, molto probabilmente nel prossimo inoltre Obama inoltre riaprirà i contatti con Cuba. Se non l’ha ancora fatto è solo per calcolo politico, per il timore di perdere i voti della lobby anticastrista in Florida.

Come ricorderemo la rivoluzione cubana in futuro?

Verrà ricordata come una speranza che ha infiammato i cuori di milioni di persone (non solo dei cubani), ma ha ftradito ogni aspettativa. La ribellione popolare contro il governo di Batista e le sue connivenze mafioso - criminali, coinvolse ogni strato sociale della società cubana. Ma nessuno si aspettava degenerasse in uno stato di polizia liberticida come poi è stato.

Perché dopo la caduta del muro di Berlino, Cuba non si è aperta al mercato come altri paesi del blocco sovietico?

Cuba è rimasta socialista, ma più che altro fidelista, legata agli umori di un caudillo. Cuba per sopravvivere, una volta finiti gli aiuti dell’Unione Sovietica, si è aperta al turismo e ha inaugurato il cosiddetto periodo speciale in tempo di pace: ha inasprito le restrizioni economiche inaugurando un duro razionamento alimentare e ha introdotto l’infausto sitema della doppia moneta, una moneta per i prodotti più essenziali e l’altra per beni meno necessari o provenienti dall’estero. I cubani hanno fatto appello a tutta la loro inventiva, perché ancora oggi non è possibile sopravvivere con stipendi che si attestano su una media di cinque - dieci dollari al mese.

Quanto ha influito la politica statunitense?

Ha pesato in partenza. Per Fidel Castro il solo alleato possibile era l’Unione Sovietica. Ma in nome di questa alleanza, poi ha commesso infiniti errori. Gli Usa praticano contro Cuba un odioso embargo economico, ma a mio avviso non è all’origine di ogni male come vuol far credere il regime. Fidel Castro ha sempre parlato di un paese accerchiato, nel quale dissentire equivale a tradire. Non credo però esistono situazioni che giustificano una totale restrizione della libertà.

Quali sono i punti di forza del sistema castrista?

Il regime castrista ha negato qualsiasi libertà. Gli intellettuali non allineati sono stati messi al bando secondo il motto di Castro: “All’interno della Rivoluzione tutto, fuori della Rivoluzione niente!”: tra le azioni più eclatanti la persecuzione nei confronti di Reinaldo Arenas, la cancellazione dai manuali scolastici di un grande scrittore come Guillermo Cabrera Infante, le UMAP, dove i fratelli Castro rinchiudevano omosessuali, religiosi, adepti di culti esoterici, antisociali di ogni tipo… Il punto di forza del regime sta nell’aver creato un rigido sistema poliziesco e un esercito forte, fedele a Raúl Castro. Il consenso del popolo è inesistente, ma c’è molta paura. I cubani scappano con ogni sistema: un matrimonio, un invito all’estero, una zattera gettata in mare per raggiungere la Florida sfidando gli squali. Certo poi a Cuba è stato debellato l’analfabetismo, ma l’istruzione è “di regime” ed è basata sull’indottrinamento ideologico più che sull’apprendimento. La sanità cubana è ottima solo per gli stranieri che si curano negli ospedali per turisti. Gli ospedali per la povera gente sono privi di ogni requisito di igiene, le stanze sono calde, umide e male arredate. Se un degente vuole un ventilatore deve portarselo da casa. Medicine e attrezzature mediche sono pressoché inesistenti.

Com’è lo stato dell’informazione a Cuba?

Lo stato dell’informazione non è cambiato. O meglio, è caduto sempre più nel ridicolo. Ci sono soltanto due giornali: Granma e Juventud Rebelde, che ospitano riflessioni di Fidel Castro e opinioni di regime. Cronaca nera non se ne parla. A Cuba non succede niente per decreto. Gli articoli sono inni ai successi rivoluzionari. La televisione è ancora peggio, perché il notiziario viene scritto sulla base delle veline di regime e la Tavola Rotonda di approfondimento politico ospita soltanto membri del governo. Sono tutti d’accordo nel dire che la Rivoluzione è sempre più solida e forte, mentre gli Stati Uniti sono responsabili di ogni male.

Fidel Castro e Che Guevara sono ancora due icone a Cuba?

Fidel Castro gode ancora di carisma tra le persone più anziane, ma rappresentano una generazione che sta scomparendo. Al potere oggi c’è una gerontocrazia capitanata dal fratello Raúl, ma i giovani (la generazione Y rappresentata da blogger ribelli come Yoani Sánchez) iniziano a dissentire. La figura di Che Guevara invece è ancora avvolta in un’aurea mitologica, favorita dal regime: è un personaggio non corrotto dal potere, un guerrigliero che si è macchiato di sangue durante le prime ore della Rivoluzione, ma conserva ancora un grande valore simbolico.

Cosa sarà della Cuba di Raúl Castro, ora che in America è stato eletto Obama?

Rispondo con le parole di Yoani Sánchez, una blogger che a mio parere rappresenta la vera speranza di Cuba: “Obama è un leader del presente, ma Raúl Castro rappresenta il passato. Si tratta di un uomo che ha ereditato il potere per diritto di sangue e sta tentando di mantenerlo senza compiere cambiamenti significativi. Mi rattrista che i cubani abbiano riposto le loro speranze in ciò che può fare il presidente nordamericano, nella influenza che la sua gestione possa avere a Cuba. Questo significa che qui la gente si rende conto che dall’interno non è possibile provocare cambiamenti. Avrei preferito che la speranza venisse riposta in ciò che possiamo fare noi stessi, ma purtroppo la società civile cubana è eccessivamente frammentata e censurata per aver la forza di abbattere il muro”.

1 marzo 2009 Focus.it
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