Gli studiosi lo hanno definito un "nirvana archeologico", paragonandolo a una "Pompei britannica" (anche se di dimensioni decisamente più ridotte) per via dello stato di conservazione dei suoi reperti. Prima di essere divorato dalle fiamme, nella tarda età del bronzo, l'insediamento di Must Farm era un piccolo villaggio di palafitte, arroccato sulle acque paludose nell'est dell'Inghilterra, nei pressi di quella che oggi è la città di Peterborough, a circa 140 km a nord di Londra.
Oggetti di tutti i giorni. Conosciuto già dal 1999 e oggetto dal 2015 di scavi più approfonditi condotti da un team di archeologi dell'università di Cambridge, recentemente il sito è stato oggetto di due studi, che hanno confermato l'importanza delle testimonianze materiali riportate alla luce. In mezzo a queste, spicca la miriade di oggetti personali utilizzati dagli antichi abitanti del villaggio, tra cui quasi 200 manufatti in legno, circa 150 di tessuti (alcuni dei quali decorati), 128 vasi di ceramica e più di 90 oggetti di metallo, perle, asce, gioielli.
Intatti. Ciò che rende unici questi reperti è il loro perfetto stato di conservazione, caratteristica dovuta alle condizioni ambientali in cui sono rimasti per secoli. Nel mese di aprile, molti degli oggetti ritrovati saranno esposti al Peterborough Museum, nell'ambito di una mostra che racconta la vita quotidiana nell'insediamento.
Palafitte. Fondato intorno all'850 a.C., Must Farm era un piccolo abitato composto da capanne in legno circolari con tetti conici di paglia, costruiti in un periodo compreso tra 3000 e 2800 anni fa. Analizzando i blocchi di legno, gli archeologi hanno dedotto che le case fossero poste su palafitte collegate tra loro da passerelle. Ad attraversare la zona era un piccolo fiume e proprio in base alle sue dimensioni, si pensa che in totale le abitazioni fossero appena una decina.
Vita breve. L'esistenza di questo minuscolo insediamento fu brevissima: dall'analisi degli anelli degli alberi usati per innalzare le capanne, infatti, sappiamo che appena nove mesi dopo la sua fondazione, esso fu avvolto da un disastroso incendio, le cui cause rimangono ancora sconosciute. Le fiamme provocarono la precipitosa fuga degli abitanti e il crollo delle abitazioni, che finirono nell'acqua fangosa sottostante, un ambiente povero di ossigeno che ha impedito il degrado dei resti, preservandoli fino ai giorni nostri. Il fatto che gli oggetti si fossero carbonizzati ha fornito poi un ulteriore strato protettivo.
Congelate nel tempo. Il risultato? Tutto quello che era contenuto nelle case in quegli attimi fatali, compresi residui organici di cibo e bestiame rimasto intrappolato, è stato ritrovato quasi intatto, circostanza che ha consentito ai ricercatori di ricostruire nei minimi dettagli le abitudini alimentari non solo degli uomini e delle donne di Must Farm (compreso un porridge di chicchi di grano mescolato con grasso animale e carne di cervo glassata al miele) ma anche dei cani, i cui escrementi hanno rivelato che si nutrivano degli avanzi dei pasti dei loro proprietari.
Vita quotidiana. Dal modo in cui gli oggetti sono caduti nel fango, si è potuta inoltre ricostruire la disposizione delle camere che componevano l'insediamento. La zona cucina, per esempio, tendeva a trovarsi nel lato est della casa, con la zona notte a nord-ovest e i recinti per il bestiame a sud-est. Indizi preziosi, che a detta degli studiosi potrebbero ribaltare l'attuale comprensione di come fosse la vita quotidiana in Gran Bretagna nel IX secolo a.C.