La Liberazione a Napoli sembrò aprire una nuova era: l'afflusso di denaro dalle casse degli Alleati fu però un abbaglio, che lasciò la città allo sbando, scopriamo perché attraverso l'articolo "L'illusione di Napoli" di Gigi Fiore, tratto dagli archivi di Focus Storia.
Città liberata. Nel 1945 Napoli era già libera da oltre un anno. Le prime jeep delle King's Dragoon Guards inglesi erano entrate in piazza Garibaldi alle 9:30 del 1° ottobre 1943. Da allora, la città si era trasformata in una caotica Babilonia. Era il porto principale per lo sbarco di uomini e mezzi alleati da inviare a Cassino, dove era in corso la madre di tutte le battaglie sul fronte italiano. Napoli divenne il regno di Bengodi per quelle truppe, la retrovia degli svaghi, del riposo, del ricovero di feriti.
Amministrata dagli Alleati. Fu per questo che, a differenza di altri territori italiani, la più grande città del Mezzogiorno fu amministrata per ben due anni e mezzo dai militari angloamericani. Napoli, dove la "nuttata" sembrava non passare mai, come avrebbe scritto Eduardo De Filippo nella sua commedia Napoli milionaria, ispirata a quei giorni. Napoli, dove ogni freno morale si era abbassato di colpo, trasformata in luogo di perdizione descritto da Curzio Malaparte nel libro La Pelle (1949). Napoli città di speranze, nonostante la confusione e la legalità approssimativa.
Allo sfascio. Agli inizi, la gente vide nei militari angloamericani l'incarnazione di concreti aiuti economici necessari a risollevarsi. La città era in ginocchio, piegata dai bombardamenti, dalla fame, dalla miseria. Mancava tutto: corrente elettrica, gas, fognature. Sotto gli edifici crollati erano ancora sepolti decine e decine di cadaveri. Il porto era inservibile, intasato da carcasse di navi danneggiate. Almeno 450mila persone erano senza lavoro (la città partenopea contava quasi un milione di abitanti), quasi il 70% del sistema industriale napoletano era da ricostruire. Molta gente viveva ancora nei ricoveri, come in piazza Augusteo dove trovavano un tetto fino a 20mila persone.
Miseria e malattie. Qualche mese dopo l'entrata in città, il colonnello William Crichton nel suo rapporto mensile sulla città aveva parlato di denutrizione e di persone in pericolo di morte per il freddo e per la fame: "La crisi alimentare è stata grave ed è diventata acuta, tanto da costituire un fattore importante nella diffusione del tifo e delle malattie veneree".
Liberatori e liberati. L'arrivo degli Alleati poteva rappresentare la svolta, ma tra liberatori e liberati si insinuò presto la diffidenza.
Un sentimento alimentato da molte decisioni, come la requisizione di quasi 15mila alloggi per ospitare i nuovi padroni della città. Stessa destinazione per edifici pubblici come il Teatro San Carlo, Palazzo reale o il Museo nazionale, che divennero sedi di uffici.
Lotta per la sopravvivenza. La gente era alla fame e il mercato nero divenne una piaga. I fagioli venivano venduti a 150 lire al chilo (circa 4,70 euro di oggi). Gli angloamericani imposero anche un cambio penalizzante per la moneta italiana: 100 lire per un dollaro e 400 per una sterlina.
Nuova valuta. Fu introdotta una nuova valuta, che rimase in circolazione nei mesi dell'occupazione: la Am-lira (dove Am stava per Allied Military ovvero "esercito alleato") che doveva servire per le transazioni degli angloamericani con la gente locale. Ma le zecche controllate dagli Alleati coniarono troppe Am-lire (si parla di circa 2 miliardi e 700 milioni di biglietti per un controvalore in lire di 121.250.700.000), che divennero così carta straccia, non collegata a produzione ed economia reali. Risultato: nel 1945 l'inflazione era aumentata del 75%.
Meschina beffa. E al danno si aggiunse la beffa: l'armistizio dell'8 settembre 1943 prevedeva che le spese sostenute per la liberazione sarebbero state a carico dei liberati. A dilagare furono anche la prostituzione e le malattie veneree, alle quali erano esposte ragazze e militari. Le autorità alleate diffusero un manifesto con un teschio e la scritta: "Regalo da portare a casa. Pericolo venereo, ne vale la pena?". Secondo una stima americana erano 42mila le prostitute in attività su una popolazione nubile di circa 150mila donne. Nel 1945 si calcolò che il 49 per cento di quelle donne era contagiato da malattie veneree.
Dietro la facciata. Gli angloamericani si comportavano spesso più da conquistatori che da alleati-liberatori. E il capitano americano John Burns, autore del romanzo storico La galleria, ammetterà poi: "Ricordo i delitti che commettemmo contro gli italiani come li vidi a Napoli. Promettemmo loro sicurezza e democrazia, ma li disilludemmo completamente".
Ingegnosi. Così l'arte di arrangiarsi diventò la regola. I ragazzini si improvvisavano lustrascarpe dei militari americani e decine di loro, i cosiddetti "sciuscià", si aggiravano tra via Roma e la galleria Umberto. "Non erano bambini, ma saggi", li descrisse ancora Burns. "Vendevano sigarette, facevano i mezzani per le sorelle, rubavano tutto con destrezza. Erano decisi a non morire, possedendo la vitalità dei dannati. E ridevano di me. Noi conquistatori eravamo più sciocchi di loro".
Spregiudicati. Il mercato nero era in effetti gestito da bande di piccoli camorristi in combutta con sottufficiali americani che cedevano merci altrimenti introvabili, sottratte ai depositi militari. Una lettera intercettata dalla censura italiana parlava di luoghi "dove neanche i poliziotti osano entrare e dove sono ammassate e rivendute refurtive". Un rapporto dei carabinieri descriveva telegraficamente la situazione: "Perso un quarto delle case; l'opera di ricostruzione è lenta per mancanza di materiali edilizi, l'annona si basa solo sugli aiuti alleati. Lo spirito pubblico è deluso per l'atteggiamento diffidente e sprezzante degli Alleati". Che dal loro arrivo al 30 giugno 1947, avrebbero commesso sul territorio italiano 23.265 reati come stupri, risse o anche omicidi.
Unità a rischio. Solo il 31 luglio 1946 gli Alleati, dopo 800 giorni, restituirono a Napoli la piena autonomia amministrativa. I motivi per cui la città rimase "sotto tutela" così a lungo furono spiegati il 29 marzo 1945 in un comunicato pubblicato dal quotidiano Il Risorgimento: "Solo per Napoli si continuerà con lo stesso sistema. È necessario per la grande importanza che per la causa alleata riveste il porto di questa città". Palmiro Togliatti, leader del Pci, il 7 aprile 1945 aveva ammonito sulle insidie economiche del dopoguerra: "Guai, compagni, se nella storia d'Italia dovesse aprirsi oggi un abisso tra un Nord progressivo e un Centro-Sud stagnante. Dobbiamo lavorare perché ciò non avvenga e lavorare per una politica di unità nazionale". Ma forse il danno era già stato fatto.