Storia

Invenzioni al femminile

Se qualcuno avesse dei dubbi che le donne ne sappiano davvero una più del diavolo, dovrà ricredersi. Basta scorrere alcune delle invenzioni che hanno cambiato la vita all'uomo. Le hanno inventate delle donne.

Il XX è sicuramente stato un secolo ricco di scoperte, invenzioni e brevetti che hanno inciso in maniera diretta e dirompente sulla qualità della vita dell’uomo. Ma erroneamente, si tende a considerare il campo delle invenzioni e dei brevetti una prerogativa maschile. Nel corso del secolo scorso, sono moltissime le donne che hanno invaso il campo e rivoluzionato la vita delle donne. Alcuni di esse hanno contribuito a facilitare e migliorare specificatamente per il gentil sesso. Queste “scoperte” sono state indotte dalla necessità e hanno contribuito a rendere la donna sempre più emancipata.


Pensiero femminile. Chi avrebbe mai pensato a una lavatrice o una lavastoviglie se non una donna? E ancora, era ovvio che prima o poi qualche signora si sarebbe insorta e si sarebbe ribellata a guaine e corsetti e avrebbe ridotto la biancheria intima in modo da dare meno fastidio possibile. Infatti, le modifiche subite da slip e reggiseni hanno più a che fare con la praticità che con la seduzione, ma il risultato non cambia, la biancheria intima si è ridotta al minimo.


La guerra delle invenzioni. Tra le invenzioni più stravaganti e impensate concepite dalle donne per una reale necessità della comunità ci sono quelle del tergicristallo, della guida per impedire alle ruote di treni e tram di uscire dai binari, il primo lampione pubblico a gas, la sedia a rotelle, il giubbotto salva-gente e perfino la scatola della pizza.
Dall’unione tra la capacità analitica di un uomo e l’estro di una donna è nato il primo prototipo di elaboratore elettronico, il bisnonno del nostro computer. Insomma, chi si ostina a pensare che le donne ragionino con la sola parte destra del cervello (quella dove risiede la sfera emotiva) sarà costretto a ricredersi, e a pensare che dopo tutto, la regola della necessità che aguzza l’ingegno non ha alcun genere.

Continuate la lettura per conoscere il "dietro le quinte" di alcune invenzioni al femminile.

Una lavatrice meccanica dei primi del '900. L'idea di dotarla di un motore elettrico si deve ad Alva Fisher.

La prima “macchina per lavare” nacque nel 1767 da un’idea di Jacob Christian Schäffern, teologo di Ratisbona. L’invenzione non fu particolarmente ispirata, se non fosse per la presenza di una prima rudimentale centrifuga da azionare a mano.

I primi modelli di macchine meccaniche risalgono alla fine del XIX secolo; come è accaduto per moltissime invenzioni, ci si è inizialmente ispirati a meccanizzare il processo manuale. Tra il 1862 e il 1894 almeno 49 brevetti di lavatrici sono riconducibili a delle donne inventrici. Tra queste la più importante è Margaret Colvin che invento la Triumph Rotary Washer.



La lavatrice diventa elettrica. Ma è solo nel 1906 che Alva Fisher costruì il primo prototipo di lavatrice elettrica. L’elettrodomestico concepito da Fisher però aveva il grande difetto di avere il motore posizionato molto vicino al cestello, e quindi il rischio di cortocircuiti e di scosse elettriche era alto.


Bisogna aspettare fino agli anni trenta perché venga pensato l’isolamento del motore.


Al giorno d’oggi, la lavatrice è molto cambiata dai primi anni della sua esistenza e grazie all’avvento della domotica, le lavatrici sono diventate automatizzate ed alcune addirittura “intelligenti”, come ad esempio quelle azionabili a distanza oppure quelle che sono talmente fedeli da segnalare via sms al proprietario l’avanzamento del ciclo di lavaggio.


L’ultimissimo trend in fatto di panni sporchi è quello di non lavarli in privato, ma di recarsi alle lavanderie pubbliche a gettone integrate con dei bar o dei ristoranti. Il più grosso cambiamento è quindi quello di trasformare una noiosa incombenza domestica in un momento di socializzazione.

I piatti li vuol lavare lei. A Josephine Cochrane si imputa la maternità di un prodotto che ha aiutato molte generazioni di donne.


Comunemente, piatti, bicchieri e posate venivano lavati in grossi recipienti con acqua fredda, e venivano sgrassati con metodi non inquinanti quali il limone, l’aceto, la cenere. Ma nel 1886 una ricca signora proveniente da una buona famiglia dell’Illinois, Josephine Cochrane, sbottò con la frase passata alla storia “Se nessuno ha ancora inventato una macchina per lavare i piatti, lo farò io stessa!”


E così fece. La cosa divertente è che la Cochrane non era un’inventrice. Era semplicemente una donna che amava i cocktail e le cene sociali, e sebbene avesse la servitù che si occupava di rassettare, inventò un macchinario che potesse svolgere il lavoro in meno tempo del suo personale e che lo facesse rompendo un minor numero di stoviglie…
L’opinione pubblica lo ritenne più un capriccio che un elettrodomestico utile, e per circa una cinquantina d’anni venne snobbato dalle famiglie americane, mentre invece trovò da subito ampio utilizzo nell’industria della ristorazione e del turismo.

Un mosaico della Villa romana di Piazza Armerina (EN) risalente al III-IV secolo d. C. Una testimonianza dei primi slip (e del primo bikini).

Fine di una tortura. Le antiche romane usavano il mammillare, una fascia di cuoio che appiattiva il seno in caso di misure troppo ingombranti, oppure lo strophium, che sosteneva i seni di dimensioni normali. Nel caso di seno troppo scarso si usava invece il corsetto o cestus, che metteva in evidenza i decolletè più minuti.


Le atlete greche invece portavano l’apodesmo, una specie di guaina da indossare durante le prove sportive. Durante tutto il Medioevo si diffonde l’uso del pelicon, un corpetto foderato di pelliccia, usato più come vezzo civettuolo piuttosto che come sostegno.


Dal Rinascimento fino ai primi del Novecento, i busti delle donne rimangono castamente imprigionati nei corsetti, vere e proprie torture che hanno provocato disagi alla struttura ossea a causa della “tenuta stagna” garantita dalle stecche di balena.


La nascita del primo reggiseno come lo conosciamo oggi risale al 1914, e lo si deve alla decisione Mary Jacobs di costruire per sé un modello adatto ad un abito particolarmente scollato e trasparente.


Da allora l’industria della corsetteria si è sbizzarrita nel confezionare i modelli più disparati. Quello che ha sbaragliato la concorrenza di tutti rimane il reggiseno push-up, inventato dalla Wonderbra.
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Hi tech, intelligenti e... ecologici. Da lì, l’innovazione è decollata. I reggiseni di oggi possono essere ad aria o ad olio, termici, invisibili, per fino intelligenti e hi-tech. In Giappone c’è un modello della Triumph che opportunamente ripiegato si trasforma in un sacchetto per la spesa.


Sempre la Triumph ha inventato l’Anti Smoking Bra, reggiseno che grazie a delle capsule alla lavanda e al gelsomino trasforma il sapore della sigaretta in un sapore sgradevole al palato.


Il reggipetto intelligente si espande e si contrae per assecondare i movimenti di chi lo indossa. Tra quelli hi-tech c’è un reggiseno in grado di aumentare la misura del seno tramite un leggero ma costante meccanismo di “trazione” dei tessuti.

Reggiseni antimolestie. Oppure ci sono reggiseni antistupro, che ospitano sensori in grado di rilevare lo stato emotivo di una persona. Opportunamente "tarati" in modo da essere in grado di distinguere le varie emozioni (in base a fattori quali all’accelerazione del battito cardiaco, la sudorazione, la temperatura etc.), possono essere utilizzati per inviare segnali di soccorso nel caso di aggressioni per sollecitare un pronto intervento. In ogni caso, nonostante tutte l’attenzione subite dal reggiseno, quella più lusinghiera rimane sempre e comunque quella maschile, che indipendentemente dalla sua forma, lo considera un’arma di seduzione.

Guarda anche:
Il reggiseno di Wonder Woman
Il reggiseno che cresce
Video: il tuffo nel reggiseno gigante

Slip adeguati. Sono stati i popoli primitivi ad introdurre l’antenato del nostro slip, usando astucci penici (ricavati da pelli, corteccia, foglie o conchiglie) per proteggere le parti intime, ma anche per attirare l’attenzione dell’altro sesso su di esse. Antichi egizi e greci scoprivano il corpo senza problemi, mentre i soldati e i gladiatori romani indossavano come protezione una specie di perizoma composto da una fascia di lino, avvolta intorno ai fianchi, detta subligaculum (letteralmente briglie da culo).

Con l’ufficializzazione della religione cristiana, il sesso viene nascosto, i romani apprendono da Germani e Galli l’uso di mutande e pantaloni.

L’evoluzione delle mutande prosegue attraverso i secoli in maniera molto poco lineare. Per esempio nel 1700 si diffonde un modello di mutanda lunga fino al sotto il ginocchio, mentre nel 1800 la mutanda arriva fino alla caviglia. Questi cambiamenti hanno più a che fare con l’allineamento a costumi morali e regole di comportamento piuttosto che all’effettiva comodità o vestibilità dell’indumento.

Avari di stoffa. Con il secondo dopoguerra, le mutande smettono di avere la forma di pantaloncini o di guaine per assumere gradualmente la forma che hanno oggi. Louis Reard, stilista di carrozzeria d’auto e poi disegnatore di moda, è l’inventore del bikini. Mentre trent’anni più tardi, e precisamente nel 1972 a Rio de Janeiro, nasce il primo tanga, grazie all’esibizionismo di Rose De Primo, brasiliana di origine italiana che per farsi notare a una festa tagliuzzò il suo già ridotto bikini trasformandolo nel famigerato capo di biancheria intima.


Come il reggiseno, anche gli slip si sono evoluti in qualcosa di più che la semplice lingerie. Tra le soluzioni più bizzarre progettate di recente, ci sono sicuramente le Wonderjock, mutande maschili che sono l’equivalente del wonder-bra (e cioè mettono in risalto il sesso maschile) e le mutande realizzate da una azienda Svizzera chiamata Isabodywear, la cui trama di sottilissimi fili d’argento funge da schermo contro le onde elettromagnetiche.


Anche i malati di cuore potranno utilizzare la stessa tecnologia impiegata per i reggiseni antistupro e indossare biancheria in grado di monitorare eventuali anomalie del loro battito cardiaco e all'occorrenza anche dare l'allarme e far intervenire i soccorsi in caso di emergenza.

Il computer è donna?

Il primo prototipo di computer fu messo a punto nel '800 da Charles Babbage, matematico e filosofo inglese. Ma per il suo funzionamento è stato fondamentale lo studio e la creatività di Augusta Ada King, contessa di Lovelance e figlia di Byron, che inventò il linguaggio con il quale impostare le funzioni della macchina nel 1871.

Contraccettivi. Una delle invenzioni che ha cambiato radicalmente la vita della donna e il suo atteggiamento nella sfera sessuale, è quella dei metodi contraccettivi.


Già 4000 anni fa le egiziane utilizzavano dei metodi per impedire il concepimento assumendo semi di melograno avvolti in un involucro di cera. Praticamente, la prima pillola della storia, visto che i semi contengono un estrogeno naturale.


Gli antichi romani, invece, usavano come contraccettivo lo sterco di animali che le donne spalmavano sulle pareti della vagina prima della penetrazione, così come era diffuso praticare esercizi e spugnature per espellere lo sperma dopo l’atto.


Dei primi preservativi, invece, se ne trova traccia nel Medioevo, ed erano ricavati da interiora di animali, pelle di pesce o da apposite guaine in lino.

I primi studi sull’anatomia femminile e l’apparato riproduttivo avvengono durante l’800, e vengono compiuti i primi esperimenti sui topi circa l’inibizione ovarica per il controllo della fertilità.


La prima pillola che controlla la produzione degli ormoni fa la sua comparsa nel 1916, grazie a Margaret Sanger, la prima attivista ad aprire un consultorio e a richiedere le leggi per agevolare prescrizione della pillola, che fine al ‘40 rimane però a scopo curativo.

Storia della contraccezione dall'antico Egitto alla pillola
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Donne e motori. L’invenzione del tergicristallo si deve alla statunitense Mary Anderson che per motivi di lavoro usava girare in taxi per i suoi spostamenti. Vittima di incidenti per scarsa visibilità, e di cifre da capogiro per dei tragitti continuamente interrotti dal conducente del taxi che si fermava a spalare il parabrezza del veicolo, la Anderson decise di provvedere da sé alla mancanza del tergicristallo e realizzò un braccio meccanico, per di più rimuovibile a seconda delle necessità.
La leggenda vuole che l’impiegato dell’Ufficio Brevetti la derise, ma nel giro di dieci anni ogni singolo taxi di New York montava la sua invenzione…

A cura di Chiara Deho. Prima pubblicazione ottobre 2005. Aggiornata, corretta e arricchita: ottobre 2012

22 ottobre 2012
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