Storia

L'intelligenza artificiale sul caso di Anna Frank

Un ex agente dell'FBI riapre le indagini sulla spia che ha portato alla cattura dei Frank, con l'aiuto di software capaci di analizzare impressionanti quantità di dati storici.

Una mattina di agosto del 1944, gli ufficiali delle SS irruppero nell'alloggio segreto di Amsterdam dove avevano trovato rifugio Anna Frank, la sorella, i genitori e quattro altri cittadini ebrei in fuga dalle persecuzioni naziste: un anno dopo la giovane sarebbe morta nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, in Germania, lasciando in eredità al mondo il famoso diario. È opinione comune che qualcuno abbia tradito i Frank, rivelando alle guardie il loro nascondiglio, ma l'identità della spia non è mai stata scoperta.

Ora Vince Pankoke, un agente dell'FBI in pensione, sta guidando un team multidisciplinare di esperti per risolvere il caso - si spera entro il 2019, quando cadrà il 75esimo anniversario dell'arresto della ragazza.

La squadra investigativa comprende 20 ricercatori, tra i quali archivisti, storici, analisti di dati, poliziotti e criminologi. Ma soprattutto può contare su un cervellone artificiale: un computer fornito dalla compagnia olandese Xomnia, specializzata in big data (cioè nell'analisi di grandi quantità di dati, non affrontabili da un normale sistema di database).

A caccia di indizi. I servizi segreti delle SS (Sicherheitsdienst) annotavano meticolosamente i dettagli degli arresti effettuati, ma si pensa che quelli sul caso Frank siano andati distrutti durante un bombardamento britannico del 1944.

Tuttavia Pankoke e il suo team hanno radunato un enorme database di altri documenti che potrebbero contenere informazioni importanti per trovare il nome del traditore: liste di informatori nazisti, liste di ebrei arrestati dopo essere stati traditi, liste di agenti segreti della Gestapo, rapporti della polizia, cartelle investigative sui simpatizzanti della famiglia Frank, documenti forniti da archivi olandesi sulla città di Amsterdam, sulla Guerra, sull'Olocausto, sui genocidi...

Un esempio delle possibilità offerte dai big data: una mappa realizzata al computer della casa di Anna Frank - in verde - e di quelle di possibili simpatizzanti nazisti e informatori. © Vince Pankoke via Washington Post

Relazioni nascoste. «La mole di dati è spaventosa. Al momento si tratta di almeno 20-25 km di cartelle, e abbiamo appena iniziato. Cercare di rendere rilevanti queste informazioni è molto complicato, così abbiamo iniziato a lavorare ad algoritmi di intelligenza artificiale per gestire i dati», spiega Thijs Bayens, il documentarista che insieme a un giornalista olandese ha dato il via al progetto.

A un investigatore in carne e ossa non basterebbero 10 anni per studiare questi documenti: la speranza è che il software sia in grado di digerire i dati e trovare connessioni inaspettate - piste investigative da battere per trovare la spia.

Finora, la nebbia. Otto Frank, padre di Anna e unico tra gli occupanti dell'alloggio ad essere sopravvissuto ai campi di concentramento, trascorse il resto della vita a cercare il traditore della sua famiglia. Aveva forti sospetti su Willem van Maaren, un magazziniere che sapeva della presenza dei Frank, ma due indagini sul suo conto condotte dalla polizia olandese non hanno portato ad alcuna evidenza a suo carico.

In questi decenni sono stati avanzati altri 30 nomi di possibili colpevoli, ma il vero responsabile non è finora mai stato trovato.

6 ottobre 2017 Elisabetta Intini
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