A quasi 2000 anni dalla loro sigillatura forzata, i rotoli della Villa dei Papiri di Ercolano, rimasti carbonizzati nell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., continuano a riservare sorprese.
Prima del previsto. L'ultima riguarda l'inchiostro usato per vergare i loro ormai poco decifrabili contenuti: sarebbero stati scritti con inchiostro al piombo e non con materiale a base di carbone come creduto finora. Una scoperta importante, perché si pensava che l'inchiostro metallico fosse stato introdotto dai Romani soltanto nel quarto secolo dopo Cristo.
Vedere attraverso. Alcuni degli antichi rotoli, preservati dalle ceneri vulcaniche ma ormai troppo fragili per essere srotolati, si trovano presso la struttura europea per la luce di sincrotrone, Esrf (European Synchrotron Radiation Facility) di Grenoble, Francia. Questo strumento, che produce raggi X 100 miliardi di volte più potenti di quelli usati in radiologia, ha permesso lo scorso anno di decifrarne alcune parole.
La ricetta precisa. Ora, le analisi hanno rilevato una forte presenza di piombo nei rotoli, che secondo gli esperti può provenire soltanto dall'inchiostro usato al loro interno (un impasto di piombo, gomma arabica e nero fumo).
Tentativi mirati. La scoperta dall'indubbio interesse storico servirà anche a mettere a punto tecniche più precise per decifrare il contenuto dei papiri, la maggior parte dei quali tratta temi filosofici in greco antico (ma vi sono anche alcune commedie in latino). Dei circa 2.000 libri rinvenuti nella villa di epoca romana sepolta dall'eruzione del Vesuvio, ne rimangono ancora 600 sigillati.