Storia

I pranzetti "leggeri" del Paleolitico

​Nell'età della pietra, la testa di un antenato dell'elefante e l'intero suo contenuto rappresentavano una prelibatezza dall'elevato valore nutrizionale, che valeva la fatica del trasporto.

Si è più volte teorizzato che gli antenati dei moderni elefanti fossero una preda troppo grossa da cacciare, per gli uomini del Paleolitico. Invece di aggredirli attivamente, gli antichi cacciatori avrebbero aspettato che i bestioni morissero, magari uccisi da un altro animale, e approfittato degli avanzi rimasti a terra.

Un nuovo studio pubblicato su Quaternary International rivela che non solo gli elefanti venivano cacciati di proposito, ma che del loro corpo non si buttava via niente.

Un piatto sostanzioso. Si consumava anche la testa, con il cervello, la proboscide, la lingua, alcune ghiandole e persino parte delle ossa. Il valore nutrizionale di questo pasto era tale, che i primi uomini si sobbarcavano la fatica di trasportare la testa dell'elefante dalle zanne dritte (Palaeoloxodon antiquus) un pachiderma estinto grande 5 volte un ippopotamo, fino alle loro grotte, con uno sforzo collettivo e coordinato.

Piatto internazionale. Gli scienziati dell'Università di Tel Aviv (Israele) sono arrivati a questa conclusione dopo aver analizzato i luoghi in cui sono state ritrovate teste di antichi elefanti: un sito archeologico della Repubblica di Gibuti, in Africa, abitato dagli 1,6 agli 1,3 milioni di anni fa; due insediamenti umani di 800 mila e 500 mila anni fa in Israele; e diversi siti archeologici tra Russia ed Europa sorti tra i 150 mila e i 13 mila anni fa.

Porzioni abbondanti. Considerando che la testa, completa di zanne, orecchie e proboscide, di un moderno elefante africano pesa circa 400 kg, e che i suoi antenati paleolitici potevano pesare due volte tanto, è facile immaginare quale apporto di grasso e proteine fornisse questo pasto. Gli scienziati sospettano che la stessa sorte potesse toccare alle teste di mammut.

23 giugno 2016 Elisabetta Intini
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