L'arte di raccontare storie con simboli e rappresentazioni grafiche risale ai primi dipinti rupestri preistorici: ma un conto è un graffito che narra una scena di caccia, un conto è un fumetto con un codice linguistico condiviso, come quelli che leggiamo oggi.
Per Soeren Wichmann, ricercatore dell'Università di Leiden (Olanda) specializzato in lingue ed epigrafia mesoamericane, le basi delle moderne graphic novel, inclusi i modi di rappresentare linguaggio, movimento, cattivi odori o scherzi tra personaggi, risalirebbero niente meno che alla civiltà Maya.
È la tesi che Wichmann espone in un capitolo di un libro appena uscito, The Visual Narrative Reader.
Un pubblico di affezionati. A differenza delle moderne graphic novel, le "strisce" Maya riprendevano soltanto poche scene di storie già note, come se i lettori conoscessero bene la sequenza di eventi cui ci si riferiva. Lungi dall'essere considerati un passatempo leggero e di poco conto, i fumetti erano trattati come rappresentazioni di grande valore, incise su bicchieri e recipienti in modo tale che la storia si svelasse poco a poco, mentre si sollevava la tazza.
Si pensa che questi oggetti fossero considerati talmente preziosi, che venivano usati come merce di scambio nelle negoziazioni politiche.
Punti di contatto. Benché ogni tipo di fumetto risponda alla propria cultura d'origine e a un preciso codice interno - basti vedere la differenza tra le comics americane e i manga giapponesi - le somiglianze tra le strisce Maya del 600-900 d.C. e i loro "discendenti" moderni sono impressionanti.
Fiamme e peti. Molto simili sono le metafore visive. La rabbia è indicata con il fuoco, le "puzzette" con nuvole di fumo che escono dal ventre dei personaggi; le parole pronunciate sono collegate alla bocca da una linea sottile, che ricorda la nuvoletta usata per contenere pensieri o discorsi nei fumetti odierni.
Battute crudeli. Piccole linee ricurve trasmettono il movimento, e non mancano gli scherzi crudeli e i personaggi divertenti: in una delle rappresentazioni analizzate (vedi gallery in alto) si nota un coniglio guanciuto non molto diverso da Bugs Bunny, che dice all'uomo a cui ha rubato i vestiti: «Annusa il tuo sudore, mago del pene!» (una frase che ricorda l'espressione: «Ciucciati il calzino!» pronunciata da Bart Simpson).
Questi originali reperti archeologici dovrebbero ricordarci - conclude Wichmann - che quella del fumetto è un'arte antica, oggi a tratti riscoperta ma anche, talvolta, ingiustamente denigrata come passatempo di serie B.
h/t: BBC