Oltre 200 tra oggetti e affreschi recuperati dalle ville d'ozio e marittime di Stabiae, l'odierna Castellammare di Stabia, sono in mostra in questi giorni a San Pietroburgo, al museo dell'Hermitage. Come ci sono arrivati? Come si salva un affresco danneggiato, come lo si separa dalla parete che l'ha tenuto su per duemila e passa anni? Lo abbiamo chiesto a Angela Vinci, coordinatrice della mostra Otium Ludens, e a Luigi Giordano, restauratore.
Raymond Zreick, 14 gennaio 2008
![]() |
L'esposizione all'Hermitage coincide con la riapertura completa della Bosphorus Halls (foto), area del museo progettata in stile "pompeiano" nel XIX secolo, dall'architetto Leo von Klenze. |
Molto tempo prima di diventare il padre di tutti i vizi, l'ozio si chiamava otium ed era tutta un'altra cosa: era il tempo dello studio e della riflessione, apprezzato e desiderato nella Roma repubblicana al punto che Plinio il Vecchio ne parlava dicendo che «serve di più essere ozioso che non fare nulla». Soprattutto se ciò avveniva nelle cosiddette "ville d'ozio", lontane dalla capitale, dove consoli, senatori e studiosi oziavano coltivando le loro inclinazioni.
|
||||||
In anteprima dal passato
Otium Ludens, l'esposizione inaugurata all'Ermitage di San Pietroburgo (Russia) il 7 dicembre 2007, mette in mostra oltre duecento tra affreschi e oggetti provenienti dalle ville di Stabiae, e per un buon numero di questi reperti è stata una prima assoluta davanti al pubblico. «Tutti gli affreschi sono stati restaurati in occasione della mostra, alcuni grazie ai fondi raccolti con la campagna "Adopt a fresco", lanciata negli Usa dalla Fondazione Ras», racconta a Focus.it Angela Vinci, che ha allestito le opere in Russia. «Se ci saranno i fondi», prosegue, «altri saranno restaurati ed esposti in nuove mostre. A conclusione della tappa russa, il tour porterà questi reperti in Cina e a Hong Kong in occasione delle Olimpiadi e poi in Australia e Giappone». Ecco la loro storia.
SOMMARIO
.: pg. 1) L'Età dell'Ozio all'Hermitage
:: pg. 2) Gli affreschi: i minatori del passato
:. pg. 3) Gli affreschi: archeologia e restauro in chiave moderna
GUARDA ANCHE LA FOTOGALLERY
:: Storia e archeologia: gli affreschi della Stabia romana in mostra all'Hermitage
Nel 1950 l'area archeologica di Castellammare di Stabia è stata scoperta per la seconda volta. Il merito va al preside della scuola media di Stabia, Libero d'Orsi, che, aiutato da un bidello e un meccanico, riportò alla luce la "villa di Arianna" (che in epoca borbonica, quella dei primi scavi, era stata chiamata "villa della Venditrice di Amori"): da questo sito provengono molte delle opere esposte all'Hermitage.
I primi scavi nell'area di Calstellammare di Stabia risalgono al XVIII secolo, quando le ville vengono localizzate, più o meno contemporaneamente alle aree di Ercolano e Pompei. Nel 1748 Carlo di Borbone inizia gli scavi e sottrae dalle ville di Stabia un gran numero di affreschi e oggetti che finiscono nelle sue residenze e nelle case della nobiltà napoletana (la maggior parte di queste opere è oggi conservata al Museo archeologico nazionale di Napoli). «Le tecniche di recupero di quell'epoca erano molto grossolane», racconta Luigi Giordano: «si scavava un pozzo fino a raggiungere il pavimento dell'edificio sepolto, poi si proseguiva come in miniera,
|
||||||
Una diversa idea di archeologia
Negli anni '50 del secolo scorso il concetto di recupero archeologico era cambiato.
|
||||||
SOMMARIO
.: pg. 1) L'Età dell'Ozio all'Hermitage
:: pg. 2) Gli affreschi: i minatori del passato
:. pg. 3) Gli affreschi: archeologia e restauro in chiave moderna
GUARDA ANCHE LA FOTOGALLERY
:: Storia e archeologia: gli affreschi della Stabia romana in mostra all'Hermitage
L'obiettivo è quello di mostrare i reperti così come sono. Si interviene solamente quando il loro stato di conservazione è tale per cui si rischia di perderli, e in questi casi le aggiunte moderne devono sempre essere perfettamente riconoscibili.
Oggi la tendenza è quella di lasciare tutto in loco, ma dove è necessario intervenire lo si fa con tecniche molto più perfezionate e rispettose. Innanzi tutto, prima di iniziare qualunque operazione, vengono fatti tutti i rilievi grafici e fotografici necessari al corretto riposizionamento dell'opera nel suo contesto.
|
||||||
La velatura
Il primo vero intervento è la velatura, che serve a tenere insieme l'affresco durante le fasi successive: sul muro viene steso un tessuto (in genere, garza) e sopra, per fissarlo, uno strato di colla "reversibile" (ossia che può essere successivamente sciolta e rimossa). Si delimita l'area - ma non a picconate! - e la si puntella con una tavola di legno ricoperta di juta che servirà a portare in orizzontale l'affresco dopo il distacco. Poi, con molta pazienza, per separare l'intonaco dal muro si usano speciali spatole lunghe fino a 1 metro e che ancora oggi, per rispetto della tradizione, si chiamano "sciabole". Questa fase, lenta e delicata, può durare anche alcuni giorni. La superficie distaccata, appoggiata alla tavola e portata in orizzontale, viene ripulita dalla malta in eccesso e consolidata con un'emulsione di resina acrilica. Su questa superficie, che è la parte posteriore dell'affresco, viene appoggiato e incollato, con resina epossidica, un pannello spesso 3-4 centimetri in vetroresina e alluminio "alveolare", chiamato così per la struttura interna a nido d'ape, che lo rende leggero ma molto resistente alle deformazioni e alle variazioni di temperatura. La struttura viene rovesciata e l'affresco può finalmente essere liberato dalla velatura. Se devono essere usati stucchi o altri materiali per coprire la restante superficie di alluminio, la rifinitura non riproduce mai l'aspetto del muro originale: la differenza tra nuovo e vecchio deve essere evidente, esattamente come gli eventuali interventi integrativi della pellicola pittorica, per preservare l'autenticità dell'opera.
|
||||||
SOMMARIO
.: pg. 1) L'Età dell'Ozio all'Hermitage
:: pg. 2) Gli affreschi: i minatori del passato
:. pg. 3) Gli affreschi: archeologia e restauro in chiave moderna
GUARDA ANCHE LA FOTOGALLERY
:: Storia e archeologia: gli affreschi della Stabia romana in mostra all'Hermitage