In occasione della Festa nazionale del Gatto, indaghiamo sull'importanza di questo felino domestico nella storia dell'Uomo. Abbiamo chiesto proprio a lui, l'enigmatico gatto, di raccontarci il suo rapporto con gli umani, in prima persona, attraverso l'articolo "Una relazione complicata" di Federica Ceccherini, tratto dagli archivi di Focus Storia.
Parola di gatto. Non avevo raggiunto ancora l'età delle pubertà quando morii e fui seppellito, con tutti gli onori, circondato da una ghirlanda di 24 conchiglie. Riposavo a poca distanza dal mio inseparabile amico, un signore distinto e nobile con cui passai un sacco di belle giornate sull'isola di Cipro, circa 9mila anni fa. Mi hanno ritrovato molto tempo dopo, solo vent'anni fa, i discendenti di quell'uomo e da allora sono considerato il primo gatto domesticato della Storia (strappando il primato ai miei simili egizi).
Un titolo di cui, non lo nego, vado molto fiero. Gli umani ci ammirano e ci amano oggi. Ma mica è sempre stato così. Abbiamo passato con loro momenti bellissimi e altri molto difficili, a causa del nostro carattere non proprio malleabile. E allora chi e perché ci ha addomesticato? Vi svelo un segreto: abbiamo fatto tutto da soli, ci siamo autoaddomesticati.
ANTENATI. La nostra, dicevo, non è sempre stata una vita facile, osannati in alcuni periodi, in altri perseguitati come maligni, portatori di malattie e creature del demonio (che qualsiasi cosa significhi, visto l'accanimento, deve essere qualcosa di molto brutto). Ma partiamo dall'inizio. Secondo gli studi umani, noi felidi abbiamo un antenato, il proailuro, che sarebbe vissuto nientepopodimeno che 25 milioni di anni fa. Di lui poco si sa. Di più sappiamo del mio diretto parente, il Felis silvestris o gatto selvatico africano, visto che gli odierni gatti da divano... Ehm volevo dire domestici (Felis catus) derivano proprio da quel selvaticone, che esiste ancora e abita in solitaria, in steppe e savane di mezzo mondo.
CACCIATORI. Fu in Medio Oriente, nella cosiddetta Mezzaluna fertile, che i primi gatti selvatici si avvicinarono agli uomini, quando questi divennero agricoltori. I loro depositi di cereali, infatti, erano pieni di roditori. Era questione di reciproco interesse: granai senza topi per loro e cibo con poca fatica per noi. Finché ci possiamo rendere utili così ok, ma di andare a caccia, fare le guerre, o altre attività faticose per gli umani, come fanno altri animali, non se ne parla proprio.
SACRI. Eppure anche noi abbiamo avuto i nostri eroi.
Nel delta del Nilo, a Bubasti, città egizia sacra ai gatti, sono stati ritrovati i resti di 30mila mummie di felini. Va beh... forse non tutti furono valorosi (e probabilmente non erano nemmeno tutti gatti), ma una cosa è certa: gli Egizi seppero ringraziarci per il nostro lavoro di "pulizia". Ci dedicarono oltre a una città, anche un tempio, e perfino una dea, che aveva le nostre sembianze: Bastet, protettrice della casa e della famiglia. Ah, e guai a farci del male: chi ci provava veniva arrestato e rischiava anche la pena di morte.
Secoli di migrazioni. In seguito abbiamo cominciato a estendere il nostro dominio su altri continenti. La qual cosa, a causa della nostra nota mania del controllo del territorio, fu molto stressante ma proficua. Con i Fenici arrivammo in Grecia, dove conoscevano solo furetti e donnole come cacciatori di topi. Iniziò così la nostra espansione in Europa. I Romani ci apprezzarono molto, per loro possedere un gatto era simbolo di agiatezza e nobiltà. Si narra che anche Maometto ci amasse, perché uno di noi un giorno lo salvò dal morso letale di un serpente. Ragion per cui gli islamici ci hanno sempre lasciati liberi di scorrazzare, perfino nelle moschee.
DEMONIACI. Nell'Europa del Medioevo cattolico, invece, la nostra indipendenza e la poca attitudine a essere manipolati furono scambiate per malanimo. Gli animali – credevano allora gli uomini – dovevano essere creature docili e utili all'uomo, e noi non lo eravamo (così pensavano, sbagliando!). Roba da non credere: ben due papi, nel 1233 Gregorio IX e nel 1484 Innocenzo VIII, si scomodarono per condannarci come esseri diabolici. Nella notte di San Giovanni, nelle piazze, per anni si sono compiute vere e proprie stragi di gatti arsi insieme alle donne considerate streghe.
Capro espiatorio. E se per caso il continente era scosso da qualche emergenza sanitaria ecco che se la prendevano con noi. Un esempio? Nel XIV secolo ci fu una terribile epidemia di peste bubbonica, detta la Morte Nera, e migliaia di gatti furono uccisi, accusati di portare la malattia. Mai convinzione fu però più stupida e nociva: la diminuzione della popolazione felina portò al proliferare dei topi diffusori, loro sì, in parte, della malattia (con le loro pulci).
SALOTTIERI. Più tardi anche in Occidente qualcuno ha ricominciato ad apprezzarci. I primi furono personaggi importanti come re e cardinali (un tale Richelieu, nel 1642, lasciò in eredità ad alcuni di noi gran parte dei suoi averi).
La nostra presenza nelle corti e nelle case dei ricchi crebbe. La svolta però ci fu nell'800 quando i borghesi cominciarono ad adottarci come animali da compagnia.
I gatti "civilizzati", quelli di casa, erano esseri da curare e da custodire, a differenza di quelli randagi nelle strade, che per alcuni erano animali "incivili", per altri invece il simbolo di una vita libera. Finalmente però arrivò un po' di pace per tutti. E così abbiamo potuto compiere a pieno la nostra missione: allietare gli umani con la nostra compagnia, se è vero quello che ho sentito dire una volta a qualcuno "Il tempo trascorso con i gatti non è mai tempo perso".
Questo articolo è tratto da Focus Storia. Perché non ti abboni?