Il meteo infausto potrebbe aver contribuito a respingere l'irrefrenabile avanzata mongola in Europa, provocando l'improvviso - e altrettanto misterioso - ritiro delle orde di guerrieri dall'Ungheria nel 1242. È l'ipotesi avanzata da Nicola Di Cosmo, storico italiano che insegna all'Institute for Advanced Study di Princeton, in un articolo comparso su PNAS.
Prove incrociate. Insieme al climatologo Ulf Buntgen, dello Swiss Federal Research Institute di Birmensdorf (nel Canton Zurigo), Di Cosmo ha ricostruito la storia meteorologica del periodo dell'avanzata dei combattenti dei Khan, confrontando documenti storici con le testimonianze climatiche dedotte dagli anelli di accrescimento di querce e pini siberiani.
Una somma di motivi. Per alcuni storici il brusco arresto dei Mongoli durante l'avanzata in Europa centrale fu dovuto a ragioni politiche (come la morte di Ögödei, terzo figlio di Gengis Khan); per altri, alla strenua resistenza delle città fortificate delle odierne Ungheria e Croazia. Ma un altro fattore potrebbe aver salvato l'Europa dalle loro feroci incursioni.
Forti e a pancia piena. I cavalli dei guerrieri nomadi si nutrivano dell'erba delle steppe euroasiatiche. All'inizio del 1200, temperature particolarmente elevate in quei territori avevano contribuito a inverdire le pianure, garantendo scorte di cibo alla cavalleria e supportando il successo militare delle truppe.
Senza cibo. Poi, nel 1241, i Mongoli raggiunsero le pianure ai confini occidentali dell'Ungheria. Condotti dal nipote di Gengis Khan Batu, piegarono gli eserciti polacco e ungherese. Ma non avevano fatto i conti con la facilità di allagamento di quelle piane. Il rigido inverno del 1242 - confermato dalla "memoria climatica" degli alberi ungheresi - fece allagare quei territori, trasformandoli in una gigantesca palude, e togliendo ai cavalli la primaria fonte di cibo.
I documenti storici confermano l'ipotesi raccontando, per esempio, che le orde rinunciarono ad attaccare un castello ungherese perché circondato dagli acquitrini.
via da qui. I guerrieri si ritirarono così attraverso strade più asciutte, passando per la Bulgaria e distruggendo tutto quello che capitava a tiro. Per quanto sia prudente non esagerare nel determinismo climatico, quella avanzata dai due ricercatori sembra una spiegazione più che plausibile. Forse non l'unica, ma comunque convincente.