Il 18 febbraio è una data importante per Firenze. In quel giorno del 1743 morì l'ultima erede dei Medici, Anna Maria Luisa, grazie alla quale la Città del Giglio è, e sarà per sempre, unica al mondo: fu proprio questa donna illuminata a imporsi affinché i tesori d'arte della sua illustre casata non lasciassero mai e poi mai la "bella" Firenze. Per questo ogni anno - ma non questa volta a causa del lockdown - Firenze dedica importanti iniziative per ricordarla, quali aperture gratuite di musei, concerti e visite guidate a Palazzo Pitti, la "casa" di famiglia Medici.
Eppure, sono in pochi a sapere che se Anna Maria Luisa de' Medici non fosse esistita, non potremmo ammirare la Galleria degli Uffizi, Palazzo Pitti, il Giardino dei Boboli, le Cappelle Medicee, la Biblioteca Laurenziana, il Museo di Galileo, il David di Donatello e altre meraviglie ancora. Inimmaginabile. Ma facciamo un passo indietro per capire chi era questa donna così lungimirante.


Anna Maria Luisa nacque nel 1667 da uno dei matrimoni peggio assortiti dell'intera dinastia, quello tra Cosimo III, il granduca di Toscana, e la duchessa Marguerite Louise d'Orléans, cugina del Re Sole, che non sopportava né Firenze né il marito, cui pure diede tre figli: Ferdinando Maria, Gian Gastone e la nostra protagonista. Nonostante l'inquieto clima familiare, Anna Maria Luisa crebbe bella e forte d'animo: si dice che l'avvenenza le venisse dalla capricciosa madre francese, mentre la mente da capo di Stato e il carattere fiero dal padre (che la adorava) e dalla nonna Vittoria Della Rovere, che la crebbe. Marguerite, infatti, se ne tornò in Francia per sempre quando la piccola aveva 8 anni.
Fiera di essere una Medici. Così fu Vittoria a insegnare alla ragazzina a sentirsi fiera di essere una Medici, oneri e onori. Del resto Palazzo Pitti e i suoi giardini erano luoghi degni di una stirpe regale, e nella galleria di famiglia, che la bimba percorreva spesso con la nonna, comparivano due antenate che erano diventate regine di Francia: Caterina e Maria. Anna Maria Luisa riceve quindi un'ottima educazione: studia il latino, il francese e il tedesco, la musica e il canto. Abituata com'è a vivere tra tesori d'arte collezionati dalla famiglia da secoli, conosce e apprezza pittura, scultura e architettura. Non solo. Cavalca come un uomo, va a caccia e ama la buona tavola.
Per una simile fanciulla il padre doveva cercare un matrimonio importante, che desse lustro a una casata in declino.
«Quando Anna Maria Luisa aveva 16 anni, nel 1683, Cosimo III pensò di darla in moglie a Vittorio Amedeo II, figlio del duca di Savoia, che aveva ricevuto il titolo regale», spiega Barbara Frale, storica dell'Archivio Vaticano e consulente scientifica con Franco Cardini della serie televisiva I Medici. «Voleva fare di lei la regina d'Italia. Ma la Francia si oppose all'idea di mezza Penisola unificata».
Il matrimonio in Austria. Le trattative per l'ereditiera d'oro, dopo una ridda di pretendenti, si indirizzarono allora sul potente elettore palatino, il principe Johann Wilhelm von Pfaltz-Neuburg, vedovo di una Asburgo, che si innamorò di lei vedendo un suo ritratto. Così l'elettore e Anna Maria Luisa si sposarono per procura il 29 aprile 1691 nel Duomo di Firenze, con gran fasto.
Al banchetto di nozze, un contemporaneo descrisse così la principessa: "Nella sua persona, è alta, ha una carnagione chiara, occhi grandi ed espressivi, neri come i capelli, la bocca piccola, labbra piene e denti bianchi come avorio". Anna Maria Luisa partì poi per Düsseldorf, per incontrare il marito, accompagnata dal fratello minore Gian Gastone. Ma Johann Wilhelm, impaziente, le andrò incontro a Innsbruck, in Austria, per le nozze ufficiali.
Una coppia di mecenati. L'unione fra i due per fortuna fu serena, cementata da un sincero affetto e dal comune interesse per l'arte e la musica. Le giornate nella nuova corte tedesca, che apprezzava la grande raffinatezza della sposa italiana, passavano fra feste, spettacoli teatrali, balletti, concerti. L'elettrice fece addirittura edificare un teatro dove si rappresentava Molière e insieme al marito costruirono un sontuoso castello a Bensberg dove poterono sfogare la passione per il mecenatismo, chiamando maestri fiamminghi, olandesi, italiani e tedeschi.
Ma il loro matrimonio restò senza eredi. E quando l'elettore morì nel 1716, la principessa vedova tornò nella sua città che le era sempre rimasta nel cuore. Negli anni vissuti in Germania, infatti, visitando molti borghi, aveva continuato a pensare che per "voler che queste città paressero belle, bisognerebbe non essere nata a Firenze". Il suo ricordo non l'aveva mai abbandonata, e l'elettrice aveva sempre mantenuto fitti legami epistolari con il padre, parenti e amici.
ritorno a Firenze. Al ritorno "a casa", un anno dopo la scomparsa del marito, Anna Maria Luisa trovò una situazione difficile: il fratello maggiore, Ferdinando, era morto di sifilide nel 1713 e non aveva avuto figli; il fratello Gian Gastone, sposato a forza ad Anna Maria Francesca di Sassonia (lui era omosessuale), la detestava per aver caldeggiato le sue nozze infelici e si era rivelato sterile pure lui.
Sugli ultimi tre Medici sembrava essere caduta una maledizione. Il padre, ormai molto anziano, fu l'unico che l'accolse con gioia e visto il disastro compiuto dai figli maschi cercò con ogni forza di fare di lei il suo successore.
Ma dall'Europa ancora una volta arrivò un no deciso a una granduchessa regnante e ad Anna Maria Luisa restò solo il titolo di prima donna del Granducato. Nel 1723, dopo aver regnato per 53 anni (il regno più lungo della dinastia), Cosimo III morì. A succedergli fu il debole e debosciato Gian Gastone. Quando anche lui se ne andò, nel 1737, lasciò la Toscana in balìa delle mire di Spagna e Austria. A prevalere furono gli Asburgo e quindi, con l'estinzione del casato Medici per mancanza di eredi, il Granducato di Toscana passò sotto il controllo del duca di Lorena.
I tesori di famiglia. Ad Anna Maria Luisa andarono tutti gli sbalorditivi tesori d'arte della famiglia, le vesti di Stato, le proprietà nel Ducato d'Urbino (eredità della nonna Vittoria della Rovere), oltre a un'ingente somma di denaro. E le venne concesso di rimanere a vivere in un'ala di Palazzo Pitti come un'ospite: riceveva sotto un baldacchino listato di nero nella sala delle udienze e viveva tra mobili tutti d'argento, dai tavoli ai paraventi.
Tutto sembrava finito tristemente, per i Medici. In città era arrivato un pacchiano principe francese a governare in nome degli Asburgo-Lorena. Ma è qui che avvenne il colpo di scena. La volitiva Anna Maria Luisa, orgogliosa della sua dinastia, del suo cognome e della sua splendida città, aveva consultato febbrilmente gli avvocati per evitare quello che aveva visto avvenire a Parma, a Urbino e a Ferrara: i capolavori di proprietà della casata decaduta portati nelle capitali dei nuovi dominatori o dispersi in mille rivoli sul mercato. Così, al momento di nominare suo erede universale Francesco di Lorena, quella donna intelligente, coltissima e lungimirante tirò fuori dalla manica l'asso di cuori: il cosiddetto Patto di Famiglia.
Il Patto di Famiglia. Con questa Convenzione stipulata nel 1737, al terzo articolo la principessa "cede, dà e trasferisce al presente S.A.R. (Sua Altezza Reale) per Lui, e i Suoi Successori Gran Duchi, tutti i Mobili, Effetti e Rarità della successione del Serenissimo Gran Duca suo fratello, come Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioie ed altre cose preziose, siccome le Sante Reliquie e Reliquiari, e loro Ornamenti della Cappella del Palazzo Reale, che S.
A.R. si impegna di conservare, a condizione espressa che di quello [che] è per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri, non ne sarà nulla trasportato, o levato fuori della Capitale, e dello Stato del Gran Ducato". Capita la mossa?
Molto tempo prima delle moderne leggi di conservazione e tutela del patrimonio culturale, Anna Maria Luisa de' Medici sapeva che quelle opere erano Firenze e che Firenze era quelle opere, allora come oggi. Nel Patto di Famiglia menzionava gli oggetti appartenenti alla sua casata, realizzati o acquistati per passione dai Medici uno per uno: non dovevano servire per pagare i debiti degli austriaci! La principessa decise così di legare tutto il complesso dei beni delle collezioni medicee alla città, rendendo impossibile spostarli dai luoghi originari o venderli.
per attirare i forestieri. Con il Patto di Famiglia vincolò quei preziosi tesori a Firenze, alla sua storia e alla sua gloria. E l'accordo era così chiaro che quando arrivò Napoleone non riuscì a portare via nulla, proprio perché mai l'avevano potuto fare i Lorena, astutamente definiti "conservatori" di bellezze inamovibili. Così, Anna Maria Luisa fu l'ultima grande mecenate di casa Medici, al pari di Lorenzo il Magnifico e Piero il Gottoso.
Ma quanti di quelle migliaia di turisti che si accalcano a Firenze la conoscono e sanno ciò che aveva acutamente pensato e tenacemente voluto per "utilità del pubblico e attirare i forestieri"? Se vi capiterà di andare o di tornare alla Galleria degli Uffizi, appena entrati, guardate il grande ritratto di una bella donna bruna in abiti settecenteschi, proprio sopra la biglietteria. Vedrete lei, l'ultima dei Medici, pronta ad accogliervi in quella che per tre secoli è stata la casa della sua "magnifica" famiglia.
Una versione di questo articolo è pubblicata su Focus Storia 173 (Marzo 2021).
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