Anche duemila anni fa presentarsi in pubblico, al circo o alle terme, mostrando sul viso i segni dell'età o di una notte di bagordi era considerato quantomeno inopportuno. E anche a quel tempo, per correggere gli inestetismi della pelle, le ricche matrone romane facevano ricorso ai cosmetici.
2.000 anni e non sentirli. Un reperto databile attorno al 200 avanti Cristo ha permesso di ricostruire una storia della vanità di un'epoca dove i lussi certo non abbondavano. Il ritrovamento (avvenuto nei dintorni di Londra nel 2004) di un vasetto contenente una crema a base di grasso animale, ossido di stagno e amido, in uno stato di conservazione eccezionale, ha permesso ai ricercatori dell'Università di Bristol che l'hanno analizzata, di riprodurla per verificarne gli effetti. Una volta spalmata, renderebbe la pelle liscia e asciutta al pari di una moderna crema antirughe.
Ti voglio pallida. Il grasso animale, probabilmente ricavato da carcasse di pecore o mucche, veniva mescolato con l'amido per attenuarne fino a ottenere un composto simile alle nostre creme per le mani e l'aggiunta di ossido di stagno rendeva infine il prodotto bianco e traslucido. Applicata sul volto, la crema conferiva alla carnagione un colore chiaro e biancastro, particolarmente di moda tra le ricche signore dell'epoca. Gli studiosi sono concordi nell'affermare che si tratta di un prodotto decisamente complesso per quei tempi: alcune sue componenti, per esempio l'amido, sono ancora oggi utilizzate nella moderna industria cosmetica.
Vanità senza tempo. La letteratura di quel periodo conferma che il make-up e la cura dell'aspetto fisico fossero particolarmente in voga tra le donne in età avanzata appartenenti alle classi sociali più ricche. Il ritrovamento sottolinea come la civiltà romana avesse conoscenze di chimica avanzate: le proprietà degli elementi erano note e la realizzazione di un prodotto di questo tipo ha probabilmente richiesto anni di osservazioni e deduzioni.