Xinyi Liu e Petra Vaiglova, antropologhe dell'università di Washington, si occupano di un argomento molto specifico: il modo in cui le società del passato hanno reagito all'arrivo di sementi e bestiame mai visti prima, e come gli inevitabili cambiamenti di dieta abbiano modificato la loro cultura e le loro abitudini.
Nuovi arrivi. Il loro ultimo studio, pubblicato su Scientific Reports, si concentra in particolare su uno specifico lasso di tempo e su una specifica regione del mondo: la Cina durante l'Età del Bronzo, dopo l'arrivo, dal sud-ovest dall'Asia, del Bos taurus (tori e vacche), bovini addomesticati che andarono ad aggiungersi alle tradizionali pecore e capre. Il lavoro suggerisce, tra le altre cose, che gli allevatori cinesi di quell'epoca riservassero ai nuovi arrivati un trattamento preferenziale, sia in termini di alloggio sia di nutrimento.
Lo studio spiega che il periodo di tempo che va dai 6.000 ai 2.000 anni prima di Cristo fu particolarmente fertile per gli scambi di animali e piante in Eurasia, con specie addomesticate che venivano diffuse in ogni parte del continente e incorporate nella dieta e nelle tradizioni locali. Un esempio è proprio quello dei suddetti bovini, e di un'area chiamata corridoio di Hexi, nel nord-ovest della Cina, che all'epoca era uno degli snodi principali di questi interscambi continentali: da qui passarono molte specie di piante e animali da allevamento.
A caccia della dieta. Per scoprire come il loro arrivo cambiò le abitudini delle popolazioni locali, le ricercatrici hanno utilizzato un metodo chiamato "analisi degli isotopi stabili", che permette tra le altre cose di analizzare resti ossei per ricostruire la dieta di una persona o di un animale, identificando con buona precisione ciò di cui si nutriva.
I risultati hanno dimostrato innanzi tutto che la carne bovina era presente, e più di quanto si pensasse, nella dieta degli esseri umani. In più, le analisi hanno messo in evidenza una differenza fondamentale tra le ossa dei bovini e quelle di pecore e capre: i primi non si limitavano a mangiare le piante selvatiche pascolando nei campi, ma venivano nutriti dagli allevatori con i prodotti che essi stessi mangiavano - per esempio il miglio, "importato" insieme ai bovini e usato sia per cucinare sia come mangime per i nuovi arrivati.
Pecore e capre, invece, avevano una dieta esclusivamente selvatica: secondo le autrici dello studio questo significa che erano lasciate libere di pascolare, e che venivano dunque tenute a una certa distanza dagli insediamenti umani, a differenza dei bovini.
Una possibile spiegazione per questa disparità di trattamento è che la nuova casa dei bovini offrisse meno pascoli rispetto al loro luogo di provenienza, e gli umani abbiano deciso di sacrificare parte del loro cibo per nutrire i nuovi animali, invece di lasciarli liberi di pascolare.